C’è stato un tempo in cui, quando l’Europa era divisa sulla questione israelo-palestinese, la Francia si distingueva e proponeva nuove iniziative. Oggi quell’epoca sembra lontana. Probabilmente è finita sotto la presidenza di Jacques Chirac (1995-2007), quando gli accordi di Oslo sono crollati sotto i colpi dei nemici della pace, sia ebrei sia arabi.
Il presidente francese Emmanuel Macron, del tutto estraneo a questo passato, arriva in Israele il 24 ottobre, in un momento in cui la reazione dell’Unione europea al conflitto in corso in Medio Oriente è di nuovo confusa. Il 23 ottobre i 27 paesi membri non sono riusciti neanche a trovare un accordo su una proposta del commissario europeo Josep Borrell per chiedere un cessate il fuoco umanitario. La Germania, tradizionale alleata di Israele per ragioni storiche, si è opposta. E così gli europei si sono dovuti accontentare di chiedere una “pausa umanitaria”. Sfumature.
Il 24 ottobre Macron chiederà a Benjamin Netanyahu di accettare questa pausa umanitaria per alleviare le sofferenze degli abitanti di Gaza e negoziare il destino degli ostaggi, ma andrà anche un po’ oltre, invocando l’apertura di una prospettiva politica per i palestinesi. Il presidente francese sarà l’unico leader straniero a visitare anche Ramallah, in Cisgiordania, e a incontrare il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, che per quanto sia palesemente indebolito resta l’unico interlocutore possibile sul fronte palestinese.
Dunque Macron ha scelto di riallacciarsi alla tradizionale politica estera francese? È innegabile che il contesto sia profondamente cambiato, a cominciare dalle atrocità commesse da Hamas il 7 ottobre nel peggiore attacco contro i civili nella storia di Israele. La Francia, come gli altri paesi occidentali, manifesta una solidarietà totale allo stato ebraico, presupposto di qualsiasi iniziativa politica.
Ma allo stesso tempo è evidente che Macron stia riprendendo toni diplomatici che ormai Parigi sembrava impiegare solo in modo rituale e che invece assumono un senso nuovo con i bombardamenti indiscriminati su Gaza dell’esercito israeliano. Il presidente francese proporrà la pausa umanitaria nonostante in Israele questa possibilità non sia minimamente all’ordine del giorno, con una popolazione che sostiene in massa l’idea di un’offensiva terrestre.
Macron torna inoltre a parlare della soluzione dei due stati, una formula che molti pensavano ormai anacronistica ma che secondo Parigi rappresenta ancora l’unica soluzione. Siamo molto lontani dalla fine delle ostilità, ma il fatto che un paese come la Francia rilanci un accordo politico dimostra che negli ultimi giorni c’è stata un’accelerazione, tra le reazioni del mondo arabo e i rischi di una divisione all’interno della società francese.
A Parigi si ironizza sulla nostalgia francese dei tempi in cui il leader palestinese Yasser Arafat visitava regolarmente la capitale francese e dichiarava “superato” lo statuto dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp), una posizione che gli era stata suggerita da Roland Dumas, ministro degli esteri di François Mitterrand (1981-1995).
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Era l’epoca in cui Chirac si arrabbiava per le strade della città vecchia di Gerusalemme perché la sicurezza israeliana era troppo aggressiva. La frase “You want me to go back to my plane” (vuoi che ritorni al mio aereo) rivolta dal presidente francese al capo della sicurezza israeliana è rimasta celebre e gli ha regalato una popolarità immediata in Medio Oriente, ma tutto questo succedeva nel 1996 e da allora non ci sono stati grandi passi avanti.
Oggi Macron ha l’occasione di affermare la posizione francese nel conflitto, anche se nella regione la Francia non ha più il peso che aveva in passato e soprattutto le forze che favoriscono lo scontro sembrano molto più potenti di quelle che spingono per la pace. Ma quanto meno Macron ci avrà provato.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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