Quello lanciato il 26 febbraio dal presidente francese Emmanuel Macron in occasione di una conferenza stampa notturna è un dibattito scottante. Macron, infatti, ha addirittura ventilato l’ipotesi di un invio di soldati occidentali in Ucraina. Le reazioni del giorno dopo, in Francia come nel resto d’Europa, e naturalmente in Russia, dimostrano che l’argomento è molto delicato, anche perché riguarda la pace e la guerra nel vecchio continente, due temi fondamentali per definizione.
Il 27 febbraio l’Eliseo ha fornito alcune precisazioni, rese necessarie dalle parole sibilline pronunciate dal presidente e soprattutto dalle critiche che hanno ricevuto. Prima di tutto Parigi ha chiarito che non si parla di un invio di combattenti per affrontare i russi, ma di sminatori, istruttori o tecnici per la manutenzione degli equipaggiamenti. Nessun ingresso in guerra dell’occidente, insomma, ma un ulteriore passo in avanti nel contesto di un coinvolgimento sempre maggiore dopo l’invasione russa di due anni fa.
Il secondo punto cruciale è che ancora non è stata presa alcuna decisione, ma anche che, come ha sottolineato Macron la sera del 26 febbraio, “niente è escluso”. Perché Macron ha scelto di pronunciarsi pubblicamente scatenando reazioni ostili, come quella del cancelliere tedesco Olaf Scholz (uomo di prudenza leggendaria) o quelle prevedibili e aggressive di Mosca?
Il presidente francese ha voluto mandare due messaggi. Il primo è rivolto alla Russia: Vladimir Putin deve capire che l’Europa farà di tutto per impedirgli di vincere in Ucraina. Il presidente russo pensa, non senza ragione, che tutto stia andando in una direzione a lui favorevole, dal rapporto di forze sul campo allo stallo sugli aiuti all’Ucraina negli Stati Uniti, con l’ascesa di Donald Trump. Per non parlare di un’Europa troppo abituata a vivere al riparo dell’ombrello americano. In quest’ottica era necessario far capire che gli europei non vogliono tirarsi indietro.
Il secondo messaggio è destinato agli alleati europei. Dopo le dichiarazioni disinvolte di Donald Trump sulla Nato, tutti quelli che si fidano soltanto della protezione americana sono in preda al panico.
Dal 2017 Macron sostiene la necessità di raggiungere l’autonomia strategica europea, e oggi si presenta come leader del gruppo che vorrebbe costruirla, anche se questo vuol dire irritare i partner più indecisi. La situazione sembra capovolta rispetto ai primi mesi di guerra, quando il presidente francese era accusato di essere troppo indulgente nei confronti di Putin. Oggi a Macron è rimproverata un’audacia eccessiva.
In Europa ci sono state molte reazioni critiche, come se la Francia con le sue azioni alimentasse il rischio di una guerra con la Russia. Le iniziative francesi nel continente sono accolte con una certa diffidenza, anche se molti riconoscono che almeno la Francia propone qualcosa.
Il vertice di Parigi, organizzato velocemente dopo la visita del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj di dieci giorni fa, ne è la prova. In un momento critico, c’è stato anche un accordo operativo sugli aiuti all’Ucraina.
La piccola scossa tellurica che si è prodotta nelle ultime 24 ore fa capire cosa accadrebbe se tra meno di un anno l’Europa fosse costretta a rinunciare al sostegno statunitense. A questo punto è evidente che il vecchio continente deve cominciare a pensare in maniera autonoma. Da due anni l’Europa continua a fare passi avanti importanti nel campo della difesa, raggiungendo risultati che in passato sembravano impensabili. Ma allo stesso tempo bisogna constatare che gli europei sono ancora lontani dal parlare con una voce sola, in un momento in cui la situazione del mondo lo esigerebbe.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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