Il dibattito è antico e ricorrente, eppure ogni volta che riemerge scatena polemiche come se fosse la prima volta. Riassunto: in un’intervista pubblicata nel fine settimana su alcuni quotidiani, il presidente francese Emmanuel Macron ha parlato della possibilità che la forza di dissuasione rappresentata dal nucleare francese “contribuisca alla difesa dell’Europa”.

Allo stato attuale si tratta semplicemente di “aprire il dibattito”, ma è la seconda volta nel giro di pochi giorni che Macron affronta l’argomento. Il 25 aprile, nel suo discorso sull’Europa, il presidente aveva dichiarato che la deterrenza nucleare francese è “per definizione un elemento cruciale nella difesa del continente”.

Ma di cosa si parla precisamente? Cominciamo dicendo che non si tratta assolutamente di condividere l’arma nucleare. La decisione di utilizzare o meno l’atomica spetterà sempre al presidente della repubblica francese, anche perché l’idea di convocare un Consiglio europeo prima di un attacco nucleare è inimmaginabile. La deterrenza, infatti, funziona solo se la decisione dell’uomo o della donna al comando è credibile. Un’assemblea di 27 capi di stato è tutto fuorché credibile, in questo senso.

La dottrina francese prevede che la dissuasione sia al servizio degli “interessi vitali” del paese. Allora tutto diventa una questione di definizioni: un attacco contro la Germania costituirebbe un attentato agli “interessi vitali” della Francia? La risposta, verosimilmente, è sì. Ma vale lo stesso per la Polonia? E per la Lituania?

A ottobre del 2022, otto mesi dopo l’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, Macron aveva dichiarato che un attacco balistico nucleare contro l’Ucraina non avrebbe intaccato gli interessi fondamentali della Francia. Quella dichiarazione aveva sorpreso molti, perché era l’esatto contrario dell’ambiguità strategica che oggi Macron rivendica. Quanto meno, però, c’era chiarezza sui limiti degli interessi vitali della Francia. I problemi arrivano quando si parla del territorio dell’Unione europea.

Perché aprire oggi un dibattito su questo tema? Se l’argomento non è nuovo, il contesto lo è. La maggior parte dei paesi dell’Unione europea può contare sulla protezione dello scudo nucleare statunitense nel quadro della Nato. Tuttavia, la possibile vittoria di Donald Trump il prossimo novembre crea forti dubbi sull’affidabilità di questo scudo e preoccupa i leader europei.

A pochi mesi dalle elezioni statunitensi, è arrivato il momento di precisare i termini del dibattito sulla difesa europea, dal progetto di uno scudo antimissile concordato da venti paesi (tra cui la Germania, ma non la Francia) alle industrie della difesa che devono fare di più e più velocemente, fino alla questione del nucleare, una specificità francese all’interno dell’Unione.

La faccenda è estremamente complessa, perché l’incertezza politica negli Stati Uniti potrebbe riproporsi in Francia nel 2027. Ma soprattutto, come si fa a condividere ciò che per natura non va condiviso? Il dibattito è pubblico, dunque è preferibile che si svolga lontano dai periodi elettorali. Ma è anche privato, una faccenda tra europei. L’unica certezza è che se ne riparlerà.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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