Nel programma del vertice che il 13 e 14 giugno riunisce in Italia i principali leader dei paesi occidentali ci sono gli aiuti all’Ucraina, o più precisamente il modo di proteggerli dalla possibile vittoria di Donald Trump, un timore a cui bisogna ormai aggiungere anche la minaccia dell’estrema destra, in particolare in Francia.
I diplomatici hanno lavorato per settimane a un piano da presentare al G7, basato su un prestito di cinquanta miliardi, che però non andrà a pesare sulle economie nazionali. L’espediente che rende possibile l’operazione non ha precedenti. Il prestito, infatti, sarà rimborsato grazie agli interessi generati dai beni russi congelati in Europa dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina.
Parliamo di somme enormi, circa trecento miliardi di dollari bloccati da più di due anni. Di recente si è discusso molto della possibilità di utilizzarli per aiutare direttamente Kiev, ma i principali governi europei (tra cui quello francese) si sono opposti nel timore di creare un precedente e provocare una fuga dei capitali depositati in Europa da paesi terzi.
Tuttavia, questi asset russi bloccati generano interessi – fra i tre e i cinque miliardi all’anno – che potranno servire a finanziare il prestito da parte del G7. È una manovra complessa, ma politicamente molto abile.
Questo procedimento permetterà di evitare qualsiasi stallo politico. Ricordiamo bene che al congresso statunitense i repubblicani hanno bloccato per mesi gli aiuti a Kiev, prima che fosse finalmente trovato un compromesso. In occasione del suo incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj, la settimana scorsa a Parigi, Biden si è scusato per il ritardo degli aiuti, che ha danneggiato l’esercito ucraino. Anche l’Europa è alle prese con diversi ostacoli, a cominciare dal solito Viktor Orbán, primo ministro ungherese.
Il prestito di cinquanta miliardi che sarà discusso durante il G7 servirà a soddisfare le necessità sia economiche sia militari degli ucraini dopo gli aiuti già considerevoli approvati quest’anno. In ogni caso il risultato incerto delle elezioni statunitensi di novembre invita alla prudenza.
In quest’ottica si parla molto di Trump-proofing, ovvero delle precauzioni adottate in previsione di una vittoria del candidato repubblicano. Oggi quasi tutti i paesi del mondo sono impegnati nel Trump-proofing per minimizzare i rischi di un brutale cambio di rotta a Washington.
Ma il piano del G7, ideato pensando a Trump, può applicarsi anche al rischio per gli aiuti all’Ucraina rappresentato dalle estreme destre in Europa. Il paradosso è che questo piano sarà esaminato durante un vertice presieduto da Giorgia Meloni, tra i principali rappresentanti dell’ascesa di queste forze. Ma in realtà, da quando ha conquistato il potere in Italia, Meloni ha sempre sostenuto senza tentennamenti l’aiuto all’Ucraina, anche inviando armi.
La presidente del consiglio italiana, però, non fa parte dello stesso gruppo parlamentare europeo del Rassemblement national francese, che a lungo ha mostrato una forte vicinanza alla Russia (al momento accantonata).
Se il piano sul prestito da cinquanta miliardi andrà avanti nessuno dirà pubblicamente che si tratta di una mossa in anticipo rispetto alle elezioni statunitensi. Ma il Trump-proofing sarà nella mente di tutti, accompagnato probabilmente da un Le Pen-proofing o da un Bardella-proofing, i due leader dell’estrema destra francese.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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