Quale messaggio manda un paese che bombarda un ospedale pediatrico? In quale momento un generale, un capo di stato maggiore o un presidente possono decidere che è legittimo lanciare un missile contro una struttura medica che cura bambini malati di cancro?
Le testimonianze che arrivano dall’ospedale di Okhmatdyt sono terribili, tra immagini sconvolgenti di giovani pazienti evacuati dalle macerie tra le braccia di infermieri traumatizzati e la distruzione parziale della più grande struttura medico-pediatrica del paese. Il bombardamento massiccio del 7 luglio ha colpito anche altri obiettivi, provocando 33 morti e 140 feriti.
Zelenskyj è convinto che la Russia non possa ignorare dove cadono i suoi missili e spera che un giorno Mosca paghi “per tutti i suoi crimini contro la popolazione, contro i bambini e contro l’umanità”. Anche il segretario generale dell’Onu ha condannato l’attacco, ma sappiamo bene che il Consiglio di sicurezza che deve riunirsi oggi è del tutto impotente.
Gli attacchi sono tra i più violenti in una guerra che dura ormai da oltre due anni. Ma quale può essere l’obiettivo di Mosca in questa escalation dell’orrore? In assenza di qualsiasi obiettivo militare, risulta evidente che è un attacco psicologico per stroncare il morale degli ucraini dopo aver già colpito le infrastrutture energetiche delle grandi città.
La tempistica dell’attacco è significativa, a 48 ore dal vertice della Nato a Washington. L’Alleanza atlantica celebra i suoi 75 anni di vita in un contesto di guerra nel vecchio continente. Volodymyr Zelenskyj è atteso a Washington, dove i partecipanti dovrebbero promettere ulteriori aiuti militari ma non l’adesione tanto agognata da Kiev.
Oggi Vladimir Putin si sente abbastanza forte da mandare un messaggio dissuasivo sotto forma di missili, in un momento in cui gli occidentali sono alla mercé di venti contrastanti. Il presidente russo agisce come se non avesse alcun timore di provocare l’occidente e come se i dubbi sulla candidatura di Joe Biden negli Stati Uniti e la prospettiva di una vittoria di Donald Trump a novembre, così come l’indebolimento di Emmanuel Macron in Europa, lo spingessero ad aumentare la propria aggressività.
Il bombardamento dell’ospedale è stato seguito da nuovi appelli a inviare sistemi di difesa aerea all’Ucraina. Secondo alcune fonti la Polonia sarebbe disposta ad abbattere i missili russi che sorvolano i cieli ucraini diretti verso il suo territorio. Al centro di tutto ci sono ancora i rapporti di forza. In questi giorni Putin ha discusso con il primo ministro ungherese e suo “amico” Viktor Orbán. I due leader hanno parlato di pace, ma di una pace alle condizioni del Cremlino che ha un profumo di morte. Gli occidentali, dal canto loro, vogliono riequilibrare il rapporto di forze a favore di Kiev, senza però averne i mezzi e in vista di un ipotetico negoziato futuro.
Questo faccia a faccia sanguinoso è senza via d’uscita. Per ora c’è soltanto il linguaggio della guerra decisa da Putin, come abbiamo potuto constatare ieri a Kiev.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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