L’11 luglio il portavoce cinese ha accusato la Nato di essere “una reliquia della guerra fredda”, definendo il comunicato finale del vertice di Washington “parziale, diffamatorio e provocatorio”. Era da tempo che Pechino non manifestava in modo così netto la propria irritazione.
La Cina ha reagito a un passaggio del comunicato che la chiama direttamente in causa definendola un “facilitatore decisivo” nella guerra russa in Ucraina. L’alleanza atlantica chiede a Pechino di “interrompere qualsiasi sostegno materiale e politico allo sforzo bellico russo”. Anche in questo caso si tratta di un linguaggio insolitamente aggressivo nei confronti della Cina.
Pechino è risentita e preoccupata principalmente per due motivi. Il primo è il semplice fatto che la Nato sia sempre più impegnata a contrastare la Cina. Negli ultimi anni la Francia aveva frenato questa tendenza, opponendosi per esempio all’apertura di una sede della Nato a Tokyo. Emmanuel Macron ha creduto a lungo di poter convincere Xi Jinping a spingere Vladimir Putin verso il compromesso, invano. Alla fine il presidente francese ha rinunciato, o forse la voce di Parigi è sempre meno influente all’interno della Nato. Fatto sta che la Francia ha approvato questo comunicato, che inasprisce i toni.
La Nato è un’alleanza militare e Pechino non vede certo di buon occhio l’interesse crescente di un’alleanza teoricamente “atlantica” nei confronti dell’Asia, tanto più che la Nato è guidata dagli Stati Uniti e la Cina non ha rinunciato al sogno di vedere gli europei prendere le distanze da Washington.
Il secondo motivo dell’inquietudine cinese è ancora più concreto: Pechino teme che le sue aziende vengano colpite dalle sanzioni occidentali per il loro ruolo nell’appoggio alla Russia.
Queste sanzioni vengono definite “secondarie”: se un’azienda cinese fornisce componenti elettronici a un produttore di armi russo, già sottoposto a sanzioni, può essere colpita dalle misure punitive. Al momento diverse aziende cinesi sono state colpite dalle sanzioni. La formulazione del comunicato lascia aperta la possibilità di sanzionare qualunque azienda contribuisca allo sforzo bellico russo.
Malgrado gli sforzi di Joe Biden e di Xi Jinping per stabilire regole al riguardo che evitino brutte sorprese, i due paesi stanno scivolando in una pericolosa guerra fredda.
I motivi di tensione non mancano. In questo senso è probabile che la crisi a Washington sullo stato di salute di Joe Biden abbia incoraggiato Pechino a reagire in modo più audace. In settimana è arrivato l’annuncio delle manovre militari cinesi in Bielorussia, paese satellite della Russia e vicino della Nato.
Cosa ci fa l’esercito cinese così lontano dalla madrepatria? Semplice: Pechino vuole rispondere agli statunitensi con la loro stessa moneta. Gli Stati Uniti, infatti, sostengono l’isola contesa di Taiwan e hanno firmato diversi trattati di difesa con le Filippine, con cui la Cina è in conflitto nel mar cinese meridionale.
In questo gioco al rilancio troviamo il motivo per cui l’ingerenza della Nato nelle questioni asiatiche non è gradita da Pechino. La guerra in Ucraina, chiaramente, è un test cruciale per i rapporti internazionali.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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