I rapporti tra Israele e le Nazioni Unite sono diventati ormai apertamente conflittuali. Il punto di rottura è stato raggiunto il 13 ottobre, quando il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha preteso l’allontanamento dei caschi blu dell’Onu dal fronte libanese.
Nella notte tra il 12 e il 13 ottobre due carri armati israeliani sono entrati in una base dell’Unifil, la forza di interposizione in libano delle Nazioni Unite, che conta seicento soldati francesi e circa ottocento italiani. Un simile atto costituisce una violazione palese del diritto internazionale. Durante le giornate precedenti l’Onu aveva accusato l’esercito israeliano di aver sparato più volte contro le postazioni dei caschi blu, ferendo diverse persone.
Questo brusco aumento della tensione non è casuale e non è l’unico motivo di scontro. Qualche giorno prima, infatti, il capo della diplomazia israeliana aveva dichiarato il segretario generale dell’Onu, António Guterres, persona non grata nel territorio dello stato ebraico. Il ministro ha accusato Guterres di essere “anti-israeliano” e di sostenere “i terroristi, gli stupratori e gli assassini”. Queste parole oltraggiose hanno suscitato una lettera di risposta firmata da 104 capi di stato a sostegno del segretario.
Questa crisi è paradossale, se consideriamo che la nascita dello stato di Israele, nel 1948, è stata uno dei primi atti dell’organizzazione mondiale. Ma ormai da tempo lo stato ebraico ha un problema con l’Onu, che considera ostile.
I rapporti sono peggiorati drammaticamente dopo il 7 ottobre 2023, inizialmente a causa di una dichiarazione con cui Guterres aveva sottolineato che la tragedia “aveva radici storiche”, un’allusione all’occupazione dei territori palestinesi a partire dal 1967, di cui la risoluzione 242 delle Nazioni Unite chiede invano la liberazione ormai da mezzo secolo.
Nell’ultimo anno Israele ha attaccato regolarmente l’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i profughi palestinesi, con il pretesto che alcuni suoi esponenti sono stati identificati tra i militanti di Hamas che hanno effettuato l’attacco del 7 ottobre. L’ufficio dell’Unrwa a Gerusalemme è stato chiuso e Israele ha ostacolato costantemente l’agenzia, da cui dipendono le scuole e gli ospedali a cui si affidano milioni di palestinesi.
L’Onu ha poteri limitati. Oggi sono i governi delle Nazioni Unite, più che l’organizzazione, a ritrovarsi con le spalle al muro. Uno dei problemi di questa guerra è che gli Stati Uniti hanno abituato Israele a poter contare sulla protezione del loro diritto di veto, tanto che ora Netanyahu non rispetta alcun limite nella sua aggressione contro l’Onu. Da decenni Israele ignora le risoluzioni delle Nazioni Unite senza pagare alcun prezzo.
Quello in corso è un test fondamentale per l’organizzazione mondiale, dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, membro permanente del Consiglio di sicurezza. Se l’Onu cedesse alle pretese di Israele perderebbe gran parte della sua credibilità. Per Netanyahu delegittimarlo significa al contempo eliminare un testimone scomodo dei massacri in corso in Libano e far dimenticare le risoluzioni passate a favore della Palestina. Due piccioni con una fava, insomma.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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