“L’odore della morte è ovunque”. Queste le parole sulla situazione nella Striscia di Gaza di Philippe Lazzarini, direttore dell’agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi, l’Unrwa. Il diplomatico svizzero ha aggiunto che “nel nord della Striscia la gente attende soltanto la morte. I palestinesi si sentono dimenticati, soli, senza speranze. Vivono ora per ora e hanno paura di essere uccisi ogni secondo che passa”.
Circa un anno fa il capo dell’agenzia delle Nazioni Unite era venuto a trovarci nella sede di France Inter per lanciare l’allarme umanitario dopo i bombardamenti israeliani in seguito all’attacco di Hamas contro Israele del 7 ottobre. Oggi la situazione è molto più catastrofica e non esiste alcuna prospettiva di una fine della guerra, nonostante l’uccisione del capo di Hamas, Yahya Sinwar.
Le immagini che arrivano dal nord di Gaza sono terrificanti, pubblicate da giornalisti palestinesi in assenza dei colleghi della stampa internazionale sul campo, a cui Israele continua a vietare l’accesso. I video e le foto sconvolgono il mondo ma lasciano del tutto indifferente lo stato ebraico. Accecati dal dolore per le vittime e gli ostaggi del 7 ottobre, gli israeliani sono incapaci di vedere le sofferenze che infliggono ai palestinesi.
Oggi il mondo osserva gli abitanti del nord di Gaza passare davanti a un carro armato israeliano con le mani in aria e i documenti in mostra. Sono persone a cui Israele ha ordinato di andarsene, sfollate per l’ennesima volta nell’ultimo anno, sfinite, costrette a trascinare sacchi di plastica. Uomini, donne, bambini e anziani. Umiliati.
Un video visto milioni di volte mostra una bambina che porta in spalla la sorella ferita. Un giornalista di Al Jazeera le chiede dove stia andando. La bambina risponde che è diretta all’ospedale per aiutare la sorella, ferita a una gamba. Il giornalista la fa salire sulla sua auto. Due bambine rimaste sole nella guerra, trascinate troppo presto nel terribile mondo degli adulti.
Nessuno nega a Israele il diritto di difendersi, ma quello che sta succedendo a Gaza supera il diritto alla legittima difesa e viola il diritto internazionale umanitario.
A questo punto l’obiettivo della guerra israeliana a Gaza è un mistero. Lo stato ebraico ha distrutto la maggior parte dei mezzi militari di Hamas, ha ucciso i dirigenti dell’organizzazione e ha raso al suolo una terra che secondo il rapporto pubblicato il 22 ottobre dall’Onu impiegherà decenni a riprendersi.
L’ambiguità nasce dal fatto che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu continua a non presentare un progetto per il dopoguerra. Chi guiderà il territorio popolato da due milioni di persone? Chi potrà garantirne la sicurezza? Con quale status?
La sera del 21 ottobre, sul versante israeliano della frontiera, diverse migliaia di persone (tra cui alcuni rappresentanti del governo) si sono riunite per chiedere la ricolonizzazione della Striscia di Gaza. Il ministro della sicurezza nazionale e leader di estrema destra Itamar Ben Gvir ha addirittura dichiarato di essere pronto ad aiutare i palestinesi che accetteranno di andare via. Netanyahu sostiene che questo non è il suo progetto, ma intanto lascia fare. Nel frattempo Gaza prosegue la sua discesa all’inferno, senza che nessuno faccia nulla.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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