×

Fornisci il consenso ai cookie

Internazionale usa i cookie per mostrare alcuni contenuti esterni e proporti pubblicità in linea con le tue preferenze. Se vuoi saperne di più o negare il consenso, consulta questa pagina.

L’Europa deve difendersi da Trump e Musk

Donald Trump e Elon Musk assistono a test di lancio di razzi SpaceX a Brownsville, in Texas, 19 novembre 2024. (Brandon Bell, Reuters/Contrasto)

Gli europei pensavano che il prossimo 20 gennaio avrebbero dovuto solo fare i conti con l’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca. E invece si ritrovano a dover gestire sia lui che Elon Musk, ben prima del passaggio di consegne a Washington.

Gli ultimi giorni sono stati intensi. Il presidente eletto ha minacciato il ricorso alla forza contro un alleato della Nato, la Danimarca, se dovesse rifiutarsi di “vendergli” la Groenlandia; mentre il capo di Tesla e SpaceX fa campagna elettorale per l’estrema destra in Germania e Regno Unito, definendo il cancelliere tedesco Scholz un “idiota assoluto” e, secondo il Financial Times, cercando un modo per far cadere il primo ministro britannico Keir Starmer “prima delle prossime elezioni”.

Fino a qualche settimana fa i leader europei si chiedevano se Trump sarebbe stato disposto a difendere il continente in caso di un’aggressione russa. Ora, però, il dubbio riguarda la possibilità che sia lui stesso una minaccia per l’Europa, per le sue istituzioni e per il suo modello democratico. Una versione moderna della citazione attribuita a Voltaire: “Signore, proteggimi dai miei amici, che ai miei nemici posso pensarci io”.

L’Europa non è pronta a questo ribaltamento delle regole del gioco. Incapace di prevedere una situazione simile e di prendere in mano il proprio destino tempestivamente, oggi l’Unione si ritrova infatti sconvolta e divisa.

La sera del 9 gennaio, il presidente francese Emmanuel Macron si è recato a Londra per incontrare Starmer e rafforzare un’asse che avvicini il Regno Unito post Brexit all’Unione europea, mentre il governo britannico prende atto che il sogno di una “relazione speciale” con Washington è ormai relegato al rango di anticaglia irrilevante. Non c’è spazio per il sentimentalismo nell’era “Trusk”, neologismo che mescola i nomi di Trump e Musk.

Germania, Francia e Polonia, ossia i paesi del triangolo di Weimar, hanno deciso di inviare negli Stati Uniti i propri ministri degli esteri poco dopo l’insediamento del presidente eletto, per una “missione di pace” che possa anche manifestare un’identità collettiva dell’Europa, alleata degli Stati Uniti ma non disposta a fare da punchingball al movimento Maga.

Davvero l’Europa è unita in questa posizione? È l’eterna domanda che affligge il vecchio continente, a prescindere dall’argomento. La risposta, come sempre, è “no”. Giorgia Meloni, presidente del consiglio italiano proveniente dall’estrema destra, va per conto suo. Anche perché è diventata la migliore amica di Elon Musk, con cui firmerà un controverso accordo da 1,5 miliardi di dollari per i servizi satellitari, mandando in corto circuito un progetto simile portato avanti dall’Unione europea.

Il 9 gennaio, in una conferenza stampa alla camera dei deputati, Meloni ha difeso le dichiarazioni di Trump sulla Groenlandia e il canale di Panama sostenendo che in realtà erano dirette contro la Cina. La presidente del consiglio italiano, chiaramente, è convinta di aver tutto da guadagnare diventando il principale interlocutore di Trump in Europa.

La Commissione europea, intanto, si rifugia in un silenzio preoccupante davanti alle provocazioni che arrivano dall’altra parte dell’Atlantico. Non potrà durare a lungo, perché l’alleanza Trump-Musk chiama in causa direttamente il sistema europeo di regolamentazione delle piattaforme tecnologiche.

Sarà il primo test della nuovo assetto transatlantico: l’Europa farà meglio a prepararsi, perché di sicuro non è pronta.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

pubblicità