Secondo i dati diffusi dall’Istat il 14 luglio, nel 2013 il 9,9 per cento degli italiani si trovava in una situazione di povertà assoluta. Si tratta di sei milioni di cittadini, il doppio rispetto al 2007.
La duplice recessione che ha colpito il paese ha messo a rischio d’indigenza molte persone della cosiddetta classe media, cioè quegli italiani con redditi a metà tra i più ricchi e i più poveri. Lo sanno bene i nuclei familiari con due o più minori a carico: per loro il rischio di povertà è più che doppio rispetto a quello di un italiano medio.
L’aumento della povertà rende necessarie politiche adeguate da parte del governo. È evidente che questi numeri potranno ridimensionarsi se torneranno la crescita e l’occupazione. Ma la crescita economica non basta a risolvere il problema. Non è possibile affrontare la situazione attraverso trasferimenti generalizzati alla classe media, perché è troppo numerosa. Inoltre, i margini di manovra nel bilancio dello stato sono ristretti.
Anche se la classe media costituisce il principale bacino elettorale di chi vuole vincere le elezioni, è arrivato il momento di pensare ai più poveri, agli ultimi degli ultimi, alle persone finora ignorate dal governo di Matteo Renzi che, con il bonus di ottanta euro, ha lasciato fuori i disoccupati e gli incapienti.
L’istituzione di una forma di protezione universale contro la povertà costerebbe intorno ai cinque miliardi di euro e offrirebbe un paracadute a quel terzo di persone residenti in Italia che è a rischio d’indigenza.
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