Tra il 2008 e il 2013 in Lombardia il tasso d’occupazione degli immigrati regolari è passato dall’83 al 72,7 per cento. È andata peggio agli immigrati irregolari, il cui tasso di occupazione è sceso di quasi 28 punti percentuali. Questi dati, come spiegano su lavoce.info De Villanova, Fasani e Frattini, sono ricavati dall’incrocio di diverse fonti statistiche (l’Istat, la fondazione Ismu e l’associazione Naga).

La maggior riduzione dell’occupazione tra gli immigrati irregolari ha almeno due possibili spiegazioni. La prima è che la mancanza del permesso di soggiorno impedisce di svolgere attività lavorative con un contratto in regola, rendendo questi immigrati particolarmente esposti alle fluttuazioni del ciclo economico. La seconda spiegazione è che per la legge italiana la concessione e il mantenimento del permesso di soggiorno per motivi di lavoro sono condizionati dal fatto di avere un impiego. In un periodo di crisi perdere il lavoro può portare a perdere il permesso di soggiorno e quindi riportare a una condizione d’irregolarità. Al tempo stesso diventa più difficile regolarizzare la propria presenza attraverso l’accesso (improprio) ai decreti flussi o ai vari programmi di regolarizzazione.

Questi dati smentiscono i politici italiani che sfruttano populisticamente l’idea degli immigrati che “rubano il lavoro” agli italiani. Al contrario, l’evidenza suggerisce che durante una crisi sono proprio gli stranieri i primi a perdere il lavoro e che gli immigrati irregolari, per loro natura confinati nel mercato del lavoro nero, pagano più duramente dei lavoratori italiani.

Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 a pagina 109 di Internazionale, con il titolo “10”. Compra questo numero | Abbonati

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