Sto sorvolando l’isola indonesiana di Giava e a ovest emerge dalle nuvole il cono del monte Bromo. Il nostro aereo è a una cinquantina di chilometri di distanza. Dalla cima del vulcano si alza dolcemente un pennacchio di fumo.
Questo episodio mi fa venire in mente che volare è ancora un miracolo e che ci sono tante cose da vedere per chi ha voglia di guardare. Cerco di capire se qualche altro passeggero si è accorto di quella meraviglia della natura: nessuno. Quasi tutte le tendine sono abbassate e dalle poche che sono aperte non c’è nessuno che guarda fuori.
Spesso lo spettacolo dall’altra parte del vetro non è molto interessante. Ci possono essere chilometri di oceano oppure una distesa di nuvole o un paesaggio piatto e uniforme nel quale dall’alto è difficile distinguere qualcosa.
Altre volte, invece, è meglio che andare al cinema: montagne maestose (recentemente, durante un volo della Emirates da Dubai a Milano, abbiamo sorvolato il Kurdistan iracheno), isole meravigliose (verde intenso sullo sfondo del mare azzurro durante un volo sull’Indonesia), deserti interminabili (come nel volo dal Mali al Marocco attraverso il Sahara), o magari semplicemente un altro aereo che ci passa accanto e appare e scompare in un lampo.
Nel suo meraviglioso libro L’anno del pensiero magico, la scrittrice Joan Didion dice: “Le cose più belle che abbia mai visto, le ho viste dagli aerei”.
Evidentemente ci sono molte altre persone che come me preferiscono guardare fuori dal finestrino invece di fissare lo schermo dell’aereo, visto che la Boeing, per soddisfare le richieste dei passeggeri, ha deciso che i finestrini del suo prossimo 787 saranno molto più grandi.
Internazionale, numero 718, 9 novembre 2007
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