Altro che pittori squattrinati nelle soffitte: se oggi c’è un lavoro che richiede dedizione, sacrifici e con cui si guadagna poco, probabilmente è il mestiere del pilota di linea.
Quando si occupa il sedile di sinistra di un 747 (il comandante siede sempre a sinistra), lo stipendio non è niente male. Per arrivare fin lì, però, bisogna essere pronti ad affrontare anni di miseria.
Alcuni piloti di linea arrivano all’aviazione civile dall’aeronautica militare o dalle scuole di addestramento, ma molti altri devono farsi strada da soli. Significa pagarsi le lezioni di volo e passare anni a pilotare piccoli aerei nelle retrovie dell’aviazione mondiale, accumulando ore di volo nella speranza di arrivare un giorno a guidare un grande aereo di una grande compagnia.
Se passate un po’ di tempo in giro per i parchi nazionali africani o nell’outback australiano, incontrerete molti piloti che lavorano quasi gratis per accumulare ore di volo. Chi sceglie questa professione trasloca facilmente e la crescita delle linee aeree mediorientali ha convinto molti piloti a trasferirsi a Dubai.
Di solito ci vogliono migliaia di ore di volo per diventare comandanti di un jet. Un tempo bisognava avere almeno quarant’anni per pilotarne uno. Negli ultimi anni, tuttavia, grazie alla grande espansione delle linee aeree in paesi come l’India e la Cina – dove non esiste una vera e propria aviazione privata da usare come trampolino di lancio per arrivare alle grandi compagnie – i piloti che diventano comandanti sono sempre più giovani.
In India, dove la diffusione dei viaggi aerei è stata particolarmente rapida, si è parlato della possibilità di volare con un comandante di 25 anni e un copilota di 19. Almeno avranno i riflessi più pronti.
Internazionale, numero 740, 17 aprile 2008
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