In settembre l’Unicef, d’accordo con l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e con il governo locale, ha lanciato per le scuole dell’Afghanistan la campagna Wash e una raccolta di fondi per sostenerla. L’obiettivo è promuovere l’igiene di ragazze e ragazzi, ma prima ancora dotare le scuole di servizi igienici decenti (per il 60 per cento ne sono prive) e di accesso all’acqua potabile (precluso al 55 per cento).

Anche in Italia, si ricordi, questo processo fu lungo. Ancora nei primi anni quaranta al mattino in molti luoghi maestre e maestri dovevano fare “l’ispezione” verificando che gli alunni, mani aperte sui banchi, avessero le unghie pulite, almeno quelle, e i renitenti venivano mandati a lavarsele nei gabinetti.

Cosa non facile se i gabinetti decenti non ci sono, se l’acqua potabile non arriva (come ora da noi la banda larga e, grazie ai tagli del governo, anche la carta igienica), se le scuole continuano a essere colpite e incendiate da fondamentalisti, che decapitano presidi e insegnanti ora che le scuole accolgono accanto ai maschi le femmine.

Tuttavia, per aggiornare notizie qui già date, l’impegno scolastico del governo Karzai continua. Le scuole che offrono istruzione generale sono salite da seimila nel 2002 a undicimila e, si prevede, a oltre sedicimila nei prossimi anni. Gli alunni e le alunne frequentanti sono saliti da 2,3 milioni nel 2002 a 6,2 milioni nel 2008 e si stima che saranno 10 milioni nei prossimi anni. Nonostante tutto anche in Afghanistan la scuola va avanti.

Internazionale, numero 874, 26 novembre 2010

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