Migliorare la qualità intellettuale e professionale degli insegnanti, innalzare il livello culturale delle famiglie e della società sono le vie, non brevi, per ottenere scuole che portino gli allievi a livelli alti come in Corea del Sud o Giappone, nella Federazione Russa o in Finlandia.
Ecco le conclusioni di maggior rilievo ricavabili dalle due vaste indagini comparative internazionali svolte nel 2011 e presentate l’11 dicembre a Boston dall’Iea: Trends in international mathematics and science study (Timss) e Programme international de recherche en lecture scolaire (Pirls). Negli stessi giorni in Francia il governo ha pubblicato la Loi d’orientation et de programmation pour la refondation de l’école de la République. Anche questa legge, che onora un impegno del governo Hollande, più che su mirifiche rivoluzioni punta molto su qualità e lavoro degli insegnanti: ne assume 27mila e per tutti, vecchi e nuovi, prevede una nuova formazione qualificata.
La legge francese, diversamente da alcuni commentatori che non l’apprezzano perché “non cambia la scuola”, pare consapevole della complessità dei processi educativi e della scuola: un campo in cui s’incontrano e scontrano influenze e tendenze della cultura intellettuale di un paese, della sua stratificazione socioeconomica e culturale, degli orientamenti politici, delle scelte di bilancio pubblico e delle spese private. Un’intera classe dirigente e un’intera società devono impegnarsi perché si possa sperare in una scuola migliore.
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