Nonostante la pressione di ideologie liberiste, nei paesi dell’Ocse e associati l’istruzione resta pubblica per il 90 per cento degli allievi. Pochi paesi, come la Francia, hanno percentuali un po’ più basse. In molti, come in Italia, la presenza del pubblico supera la media internazionale.

È il primo dato che Le Monde (30 maggio) offre ai suoi lettori, riassumendo un focus preparato dall’Ocse (Éducation à la loupe, 7) sulla base dei dati del Pisa 2012. Secondo dato: nei test Pisa i e le quindicenni delle scuole private hanno mediamente un vantaggio di 30 punti (su una scala di 600) rispetto alle scuole pubbliche.

Ma allora è vero che nella scuola privato è bello? L’Ocse precisa subito: innanzitutto lo scarto qua e là magari è anche più alto, ma non è generale. In paesi come Giappone e Italia accade il contrario: le scuole pubbliche in media hanno prestazioni marcatamente migliori. Inoltre questi scarti sono al netto del contesto socioculturale. Se si tiene conto della provenienza degli alunni lo scarto positivo medio diventa statisticamente quasi insignificante.

Ciò vale anche a rovescio come nel caso italiano: se si osserva una scuola pubblica “bene”, con un’estrazione “alta” dei ragazzi, anche lo svantaggio delle private diventa insignificante. A parità di contesto, pubblico e privato funzionano all’incirca allo stesso modo quanto a risultati Pisa. Infine: i paesi dove le private pesano di più non hanno prestazioni complessive migliori. Le private non sfruttano la loro maggiore autonomia.

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