Tredici esplosioni oggi, 23 febbraio. Due bombe ci svegliano alle sette del mattino. Mio fratello, sollevando la testa dal cuscino, mi chiede:

“C’è qualche occasione speciale oggi?”. “…”. “Forse è per il prossimo vertice arabo”.

Il 29 marzo è previsto un incontro della Lega araba a Baghdad, ma la scarsa sicurezza e le tensioni tra l’Iraq e i paesi vicini potrebbero impedirne lo svolgimento.

A colazione, mio fratello mi suggerisce di non uscire di casa prima delle dieci: “Lasciamo passare le ore più pericolose”.

Poi mi chiede di evitare le vie più affollate mentre vado in ufficio. Ma le strade di Baghdad sono intasate dal traffico, come sempre prima del fine settimana.

La radio parla di attacchi contro i commissariati di polizia in sette città. Il tassista, bloccato nel traffico che si è formato a un checkpoint militare, commenta: “Al diavolo il vertice arabo che ha scatenato tutta questa violenza! Perché dobbiamo pagare un prezzo così alto quando sappiamo che faranno solo delle chiacchiere inutili?”.

Fa ancora freddo e il cielo è nuvoloso.

“Sembra che non riusciremo a uscire da quest’ingorgo”. Il tassista fa un’inversione a U per prendere un’altra strada, ma è chiusa da un altro checkpoint.

Mio fratello mi chiama sul cellulare: “Ascoltami, torna a casa! Sembra che ci siano ancora delle autobomba inesplose”.

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