Il ministro della società civile del Governo regionale curdo, George Mansur, mi ha proposto di fare una lunga passeggiata mattutina in uno dei giardini più belli di Erbil.
Il parco era praticamente deserto per il Ramadan, perciò le guardie del corpo lo hanno scortato solo fino ai cancelli. Ora con la formazione del nuovo governo Mansur lascerà il suo incarico. “Essere ministro è stata la cosa più bella di tutta la mia vita”, mi ha confidato. Il suo ministero, con solo dodici impiegati, era il più piccolo dell’esecutivo.
Mansur organizzava conferenze e veniva invitato a partecipare a degli incontri. L’altro giorno era un po’ triste perché sta per lasciare il suo lavoro. “Dovresti essere contento”, gli ho detto, “avrai una buona pensione e tanto tempo per leggere tutti i libri che non sei riuscito a leggere finora. Potresti perfino scrivere le tue memorie”.
Mentre camminavamo nel parco riflettevo su come il potere possa essere una droga. Mi chiedo se il ministro riuscirà a fare a meno delle sue guardie del corpo quando va in giro e dei suoi dodici collaboratori con cui faceva le riunioni settimanali. A fare a meno della segretaria che aspetta la sua firma o le sue indicazioni quotidiane. Riuscirà a dimenticare il protocollo e a comportarsi come un cittadino qualunque?
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