Negli ultimi giorni l’Iraq ha ripreso a sperare, nonostante nel mese di marzo 997 iracheni siano morti a causa del terrorismo e delle violenze. La liberazione di Tikrit dal gruppo Stato islamico è stata un’iniezione di fiducia e ottimismo in vista dell’imminente avanzata dell’esercito su Mosul, la seconda città del paese, anch’essa controllata dall’organizzazione jihadista. Il mio amico Jamal al Azawi mi ha detto che i suoi familiari di Tikrit si stanno preparando a tornare a casa dopo che erano stati costretti a fuggire dai combattimenti. Un secondo motivo di speranza sono i progressi nei negoziati sul programma nucleare dell’Iran. Il presidente statunitense Barack Obama ha parlato di un “buon accordo” e di un passo importante verso un’intesa finale.
Molti iracheni, tra cui il presidente Fuad Masum, sono convinti di stare combattendo il più pericoloso dei nemici per conto del mondo intero. Ecco perché sentono di aver bisogno del sostegno globale. E la faticosa vittoria di Tikrit è stata una dimostrazione di quanto sia importante il supporto dei governi stranieri. I bombardamenti aerei della coalizione guidata dagli Stati Uniti e la presenza delle truppe di terra iraniane sono stati fondamentali per arrivare a sostituire la bandiera nera dello Stato islamico con quella irachena nel centro della città. La stessa solidarietà servirà anche nella battaglia per riconquistare Mosul, commenta il giornalista iracheno Mohammed Ghazi al Akhras. Ma, a parte quest’obiettivo di breve termine, la collaborazione tra Washington e Teheran potrebbe portare pace e stabilità in tutto il Medio Oriente, e in Iraq in particolare, visto che il paese è stato il principale campo di battaglia nella lunga guerra tra le due potenze.
(Traduzione di Francesca Sibani)
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