Guardando con attenzione la mappa del Perù e osservando il dipartimento di Ayacucho, ci si renderà conto che ha la forma di un cane seduto che alza la testa. L’orecchio dell’animale spunta in un angolo che arriva al confine con Cusco e Apurímac, e dalla parte di Ayacucho, nei distretti di Chungi e Oronccoy, nella provincia di La Mar. La zona è nota come Oreja de Perro, orecchio di cane, e fa capo alla valle dei fiumi Apurímac, Ene e Mantaro (Vraem). Per arrivarci si cammina su mulattiere durante ore o giorni, a seconda di dove si è diretti.
La commissione per la verità e la riconciliazione del Perù descrive Oreja de Perro come “un punto dimenticato sulla mappa”. È anche la zona del paese più colpita dalla violenza interna, secondo i dati del registro unico delle vittime. Negli anni ottanta, nell’epoca più dura del conflitto peruviano, intere comunità di queste zone furono massacrate e centinaia di abitanti fuggirono verso le città.
Anche Óscar Huamán Lima e la sua famiglia sono scappati a causa del terrorismo. Nel 1982 abbandonarono la comunità di Pallccas, nella provincia di La Mar, ad Ayacucho. Si stabilirono a Huamanga, dove Óscar studiò infermeria. Poi, all’età di 22 anni, è tornato nella Vraem per lavoro. Oggi ha 44 anni e attraversa i villaggi portandosi dietro un congelatore con dei vaccini che somministra agli abitanti delle comunità. Dal mese di giugno si sono aggiunti i vaccini contro il covid-19 a quelli contro la febbre gialla, la polio, l’epatite b, l’influenza, il morbillo e la polmonite.
Proseguire a piedi
Dal 2007 Huamán lavora nel centro sanitario di Mollebamba, nel distretto di Oronccoy, nel dipartimento di Ayacucho. Per arrivare in questa località di 187 abitanti si deve passare da Andahuaylas, nel vicino dipartimento di Apurímac. Il viaggio prevede un percorso di quattro ore lungo un sentiero che porta a Santa Marina, l’ultimo punto raggiungibile in auto. Poi si prosegue a piedi.
È lo stesso percorso che seguono i vaccini contro il covid-19, ma partendo da Huamanga. Il resto del tragitto fino a Mollebamba si fa a piedi per un sentiero largo meno di un metro: da una parte c’è la montagna, dall’altra il precipizio con il fiume a valle.
Il presidio sanitario di Mollebamba serve anche le comunità di Yerbabuena, a cinque ore di cammino; Ninabamba, a tre ore, e Alto San Francisco, a tre ore e mezzo. In queste zone vivono in tutto 537 persone. Quando Huamán e i suoi colleghi vanno a fare le visite di controllo alla popolazione, rispondono a qualche chiamata di emergenza o portano i vaccini, prima di tutto si coordinano con le autorità locali per informarle del loro arrivo.
In Perù la quotidianità di alcuni è una sorpresa per altri
Nessuna di queste comunità ha la luce elettrica e la strumentazione del presidio sanitario funziona con i pannelli solari o a batterie. Lo scorso 12 luglio da Santa Marina, l’ultimo punto raggiungibile in auto, un gruppo di quaranta abitanti di Mollebamba ha preso in carico un congelatore per i vaccini e un pannello solare. Li hanno trasportati a spalla fino alla comunità. Hanno impiegato quindici ore, camminando piano per evitare di fare qualche danno.
L’ultima volta che avevano trasportato un congelatore fino a Mollebamba era il 2012. Funzionava a batterie e con dei pannelli solari che ora andavano sostituiti. Per questo, e per assicurare la vaccinazione contro il covid-19, la direzione regionale sanitaria di Ayacucho ha mandato un nuovo congelatore che arriva fino a -18 gradi.
Il 12 luglio, mentre gli uomini percorrevano i primi metri a piedi, Huamán ha girato un video con il telefonino. “In quel momento pensavo al sacrificio che stavano facendo per trasportare il congelatore e il pannello solare. Poteva capitare un incidente”, dice. Il video, in cui si vedono sei uomini che trasportano un congelatore sull’orlo di un precipizio, è diventato virale. In Perù la quotidianità di alcuni è una sorpresa per altri.
Un lavoro di squadra
La storia del congelatore per i vaccini era cominciata molte settimane prima. L’infermiere Huamán e il presidente della comunità, Modesto Aspur Rivas, avevano convocato con un altoparlante gli abitanti. Nella riunione avevano deciso come trasportare il congelatore: un furgone del comune di Oronccoy l’avrebbe prelevato a Huamanga per portarlo fino a Santa Marina. Da lì quaranta uomini, a turno, l’avrebbero trasportato per quindici ore insieme al pannello solare fino al presidio sanitario. Gli unici attrezzi su cui potevano contare erano assi di legno di agave, corde, torce e il solito cibo da viaggio: mais e carne secca.
Per il trasporto gli abitanti di Mollebamba hanno costruito due chakanas o barelle. A una hanno legato il congelatore, all’altra il pannello solare. Ogni barella pesava dai quaranta ai sessanta chili e la trasportavano quattro uomini. Hanno camminato lentamente, cercando di non far sbattere il carico contro le rocce e di non cadere nel vuoto. Si sono dati il cambio ogni quindici o venti minuti. A mano a mano che salivano faceva meno caldo, ma i precipizi diventavano più profondi. A metà strada hanno finito l’acqua. Fidel Orosco Alarcón, un volontario di 45 anni, racconta scherzando per telefono che, se non fosse stato per il suo cañazo, un distillato di succo di canna da zucchero, sicuramente sarebbero svenuti tutti. Al tramonto hanno tirato fuori le torce. Alle dieci di sera, finalmente, sono arrivati.
“Per noi è normale. Se non ci pensiamo noi a portare questi materiali, chi lo fa? Non c’è altra soluzione”, dice Alarcón.
La rete sanitaria di San Miguel aveva chiesto al quartier generale di Ayacucho un elicottero per il trasporto, ma nessuno ha mai risposto. Alcuni mesi prima, gli abitanti di Mollebamba avevano allargato la mulattiera grazie al progetto Trabaja Perú. Avevano usato i loro attrezzi: zappe, pale, picconi. Ora la strada è meno stretta di prima: è ampia circa un metro e mezzo.
Nel 2006 Alarcón partecipò al gruppo che portò il primo congelatore nella sua comunità, lungo un sentiero ancora più lungo e pericoloso. Sei anni dopo ne ha portato un altro. L’ultima volta hanno camminato un giorno e una notte senza mai fermarsi salvo pause brevi per darsi il cambio, bere o mangiare qualcosa.
La piccola rete sanitaria di Chungui, a cui appartiene Mollebamba, comprende altre sei località. In tutte ci sono dei congelatori per conservare i vaccini e tutti sono stati trasportati nello stesso modo: a piedi, per ore o giorni.
Non importa se le condizioni sono difficili. A lui è sempre piaciuto lavorare nelle zone più remote, perché sente di aiutare chi ne ha più bisogno
Durante la pandemia a Mollebamba e nelle comunità vicine non si sono registrati casi gravi né morti di covid-19. Huamán spiega che la scarsità dei casi si deve al fatto che quasi tutte le interazioni sociali avvengono in spazi aperti, in mezzo ai campi. Ai primi di giugno l’infermiere e i colleghi hanno cominciato una campagna informativa sui benefici del vaccino contro il covid-19. Chi ha accettato di vaccinarsi ha firmato un consenso informato. Il nome di chi ha fatto richiesta è stato inserito in una lista che poi è stata presentata alla rete sanitaria di San Miguel.
La prima persona a vaccinarsi è stata una donna di 95 anni, a Mollebamba. In tutto quaranta adulti di più di sessant’anni su un totale di 49 sono stati vaccinati con le dosi dell’AstraZeneca. A metà agosto è cominciata la vaccinazione delle persone di più di 45 anni.
Dettaglio di poco conto
Quando cammina sui sentieri di Oreja de Perro, Huamán pensa sempre alle sue figlie di sette e nove anni che vivono ad Andahuaylas. “Cerco di andare più veloce per arrivare dove c’è campo e chiamarle. Sono loro a darmi la forza di andare avanti”, dice.
Non importa se le condizioni sono difficili. A lui è sempre piaciuto lavorare nelle zone più remote, perché sente di aiutare chi ne ha più bisogno. “In questi posti ci sono molte persone che hanno bisogno dell’aiuto del personale sanitario. Ma molti non resistono e se ne vanno. E la popolazione ci rimette”.
Un giorno Huamán ha accompagnato un nuovo collega che era stato assunto per il presidio sanitario di Mollebamba. Nel punto in cui cominciava la mulattiera il collega si è fermato. Doveva scendere a piedi verso il fiume, attraversarlo, salire per la montagna e seguire il sentiero verso la comunità. Invece è tornato indietro.
Quattro anni fa, dopo che Oronccoy, nel dipartimento di Ayacucho, è diventata un distretto, è cominciata la costruzione della prima strada. I lavori sono terminati il 21 agosto di quest’anno: per la prima volta la strada collega una via carrozzabile alla provincia di Andahuaylas.
La seconda settimana di agosto Alarcón e altri abitanti di Mollebamba hanno camminato fino a Santa Marina. Sui muli trasportavano cemento, ferro e mattonelle per la scuola che è stata chiusa all’inizio della pandemia. Una delle figlie di Alarcón, che ha sette anni, non ha potuto seguire le lezioni a distanza perché non aveva l’elettricità.
“I nostri figli sono completamente persi”, dice preoccupato. Alarcón ha ricevuto la prima dose del vaccino il 15 agosto. Non sa quale fosse. Per lui, dopo la fatica fatta per avere dei vaccini, “questo dettaglio” non ha nessuna importanza.
(Traduzione di Francesca Rossetti)
Questo articolo è uscito sul sito peruviano d’informazione e approfondimento OjoPúblico.
Internazionale ha una newsletter che racconta cosa succede in America Latina. Esce ogni due settimane. Ci si iscrive qui.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it