Ogni mattina Orazio va nell’orto, prende l’innaffiatoio e dà l’acqua alle sue fragole. Ripulisce le piante dalle erbacce, si assicura che siano esposte al sole e controlla che i piccoli frutti non tocchino terra per non farli marcire. “Non è un lavoro difficile”, dice, “basta avere pazienza”. Anche se non ama la frutta, da quando le coltiva ha cominciato a mangiare le sue fragole. Ormai sono più di dieci anni che frequenta la fattoria sociale Orti del Mediterraneo: oltre a curare l’orto, è il responsabile della pressa e del mulino, fondamentali per produrre olio di canapa, mandorla, sesamo e girasole.
La fattoria è nata otto anni fa a Misterbianco, Catania, in un terreno confiscato alla criminalità organizzata e recuperato dalla cooperativa Energ-etica. Grazie a un finanziamento di 519mila euro dei fondi di coesione europei, tre lotti di terreno abbandonati da vent’anni sono stati trasformati in dieci orti a tema. “Quando siamo arrivati, tutto era ricoperto da rovi ed erbacce: abbiamo ripulito tutto a mano”, racconta Claudia Cardillo, presidente di Energ-etica. “Il terreno non era abbastanza grande per un’attività agricola, così abbiamo pensato di costruire un parco agricolo museale”.
La cooperativa ha lavorato insieme al Cnr e all’università di Catania per individuare le specie vegetali autoctone da piantare: oggi nella fattoria ci sono ulivi, viti, querce, allori e quaranta tipi di agrumi, dal bergamotto al limone caviale. E poi albicocchi e ciliegi, mentre un’altra zona è dedicata alle erbe aromatiche. “Il nostro è un fazzoletto di terra che contiene uno scrigno di biodiversità”, dice Cardillo.
A occuparsi delle piante sono 18 giovani con disturbi dello spettro autistico, che nella fattoria imparano un mestiere, diventano più autonomi e sviluppano capacità relazionali e comunicative. Le attività si svolgono in piccoli gruppi, con piani educativi personalizzati. “La varietà dei lavori, i ritmi della natura, il senso di responsabilità nel prendersi cura degli organismi viventi contribuisce al benessere delle persone”, spiega Cardillo. “Sono attività semplici e ripetitive, azioni concrete da compiere una per volta. Pensiamo alle nuove piantine: bisogna fare il foro nel terreno, mettere il seme, ricoprirlo di terra. E poi, di nuovo, si ricomincia da capo. Questo migliora la manualità, il coordinamento, ma anche l’autostima”.
Insieme a Orazio, a lavorare nella fattoria ci sono Dario, Gesualdo, Orazio, Mirko, Angelo e Alessandro. L’unica donna è Giulia. I disturbi dello spettro autistico sono più comuni nella popolazione maschile rispetto a quella femminile. “Al termine della scuola, ragazzi come loro sono abbandonati e non ci sono attività pensate per loro, ma i problemi rimangono”, spiega la madre di Orazio, Carmela. “Avrebbero bisogno di essere accompagnati nel mondo del lavoro per trovare un motivo per alzarsi dal letto ogni mattina”.
Oltre alla cura degli orti, nella fattoria si portano avanti attività come l’estrazione della pappa reale e del miele, e la spremitura dei semi per ricavare olio e farine. Nel laboratorio di falegnameria ragazze e ragazzi realizzano appendiabiti, bacheche e ceste natalizie. Poco più in là, in un edificio multifunzionale che ospita un appartamento mettono alla prova la loro autonomia in vista di un futuro in cui genitori e familiari non ci saranno più. Lì i ragazzi imparano a prendersi cura di sé e degli spazi comuni, fanno prove di convivenza e cucinano i prodotti della fattoria. “In primavera abbiamo preparato la marmellata di mandarini tardivi addolcita con il nostro miele”, racconta Cardillo.
Nell’edificio è stata inaugurata anche un’aula didattica che ospita eventi, dibattiti e laboratori. “L’agricoltura sociale non è solo lavoro e produzione, ma anche elaborazione culturale”, spiega Salvo Cacciola della rete Fattorie sociali Sicilia, di cui Orti del Mediterraneo fa parte. “Da due anni stiamo approfondendo anche l’ambito dell’antimafia sociale, con attività di riflessione e ricerca in collaborazione con associazioni come Libera e AddioPizzo”.
Parallelamente ci sono i percorsi didattici per i turisti e per le scuole, dalla materna fino alle secondarie di secondo grado, nei quali i ragazzi che soffrono di autismo fanno da guida. “Qui le persone si sentono protagoniste dell’esperienza”, conclude Adriana, nonna di Dario, che lavora nella fattoria. “Nella società questi ragazzi sono messi da parte, mentre la fattoria è una grande comunità degli affetti, in cui ognuno è accolto e valorizzato per quello che è. Tutto questo dà pienezza, bellezza e soprattutto normalità: là fuori ciò che gli è negato è proprio una vita normale”.
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