Nel 2015, all’apice della siccità che stava devastando la provincia sudafricana del KwaZulu-Natal, nell’est del paese, Julie Mkhize è stata costretta a portare via le carcasse dei bovini dal letto del fiume prosciugato vicino al suo villaggio. Gli animali erano morti nel tentativo disperato di trovare l’acqua.
Ben presto anche gli abitanti del villaggio hanno cominciato a collassare per disidratazione. In totale la carenza d’acqua potabile ha provocato la morte di dieci persone, racconta Mkhize.
Negli anni successivi l’acqua ha ricominciato a scorrere, ma quest’anno è tornata la siccità, alimentando la paura a KwaMusi, un villaggio di quattromila abitanti a più di due ore di auto a nordest di Richard’s Bay. “Mucche, asini, capre, bambini, agricoltori e famiglie. Sono tutti in competizione per la stessa acqua”, spiega Mkhize, 63 anni, piccola coltivatrice di ortaggi. “Ogni giorno viviamo nel terrore che torni la siccità”, racconta mentre sta seduta all’ombra di un capannone dove si confezionano le verdure.
Una cattiva gestione idrica
In tutto il mondo i fenomeni atmosferici legati al El Niño e al cambiamento climatico creano siccità sempre più dure e frequenti. Il Sudafrica, già di per sé povero d’acqua, è stato particolarmente colpito.
La carenza idrica ha ucciso le piante, costretto gli agricoltori a emigrare in cerca di lavoro, compromesso i bacini delle dighe per l’energia idroelettrica da cui dipende gran parte della regione e minacciato la ricca fauna a causa della scomparsa delle pozze.
Nel 2017 Città del Capo ha attirato l’attenzione del mondo quando il sindaco ha lanciato un conto alla rovescia verso il “giorno zero” in cui i rubinetti si sarebbero prosciugati, una crisi evitata solo grazie a un piano ambizioso dell’amministrazione per il risparmio d’acqua. Ma secondo l’Istituto sudafricano di studi sulla sicurezza gran parte del paese continua a subire le conseguenze dalla cattiva gestione idrica.
I conflitti per l’acqua al livello globale sono sempre più frequenti
Gli scienziati prevedono che parallelamente all’aumento delle temperature globali e alla crescita della popolazione il paese affronterà carenze d’acqua sempre più gravi e dovrà trovare nuove soluzioni per garantirsi un approvvigionamento sufficiente.
I conflitti per l’acqua al livello globale sono sempre più frequenti. Il think-tank Pacific institute registra un aumento da record nel numero di scontri legati all’acqua, passati dai 16 degli anni novanta ai 73 degli ultimi cinque anni.
A KwaMusi un sistema di irrigazione a goccia finanziato dal Siyazisiza trust, un’organizzazione per la sicurezza alimentare, permette alla cooperativa agricola di Mkhize, la Siza Bantu Nazareth Garden, di coltivare e vendere i prodotti anche durante i periodi di siccità. Tubi sottili seguono la superficie dell’orto permettendo all’acqua del fiume di gocciolare lentamente sulle piante, minimizzando gli sprechi dovuti all’evaporazione.
Dal 2012 il KwaZulu-Natal ha registrato precipitazioni inferiori alla media, spiega Phatisa Mfuyo, portavoce del dipartimento provinciale per l’agricoltura, l’ambiente e lo sviluppo rurale. I tubi di KwaMusi, fortunatamente, hanno ridotto la quantità necessaria per l’irrigazione e aiutato i 18 componenti della cooperativa a mantenere un reddito stabile di almeno 200 rand (12,5 euro) al giorno.
Conflitti comunitari
È un grande miglioramento rispetto al 2015, quando “mangiavamo quasi esclusivamente cavoli”, ricorda Lucas Thungo, l’unico uomo della cooperativa. “Non potevamo nemmeno nemmeno mangiare il nostro tradizionale pap (porridge di granoturco), perché aveva bisogno di troppa acqua”.
Le periodiche carenze d’acqua nella provincia di KwaZulu-Natal sono state definite “siccità verdi” a causa delle piogge sporadiche che permettono comunque la crescita di nuove piante.
La siccità nel KwaZulu-Natal
In ogni caso, secondo un recente rapporto dell’Istituto per gli studi sulla sicurezza, i fiumi della provincia, principale fonte d’acqua, si stanno prosciugando rapidamente a causa dell’eccessivo sfruttamento. “Lo so che in questo momento sembra bellissimo, ma aspettate la prossima siccità”, avverte Thungo. “A quel punto vedrete solo rocce e polvere. Tutto diventa brutto. Anche i rapporti tra le diverse comunità peggiorano”.
A circa 125 chilometri a sud da KwaMusi si trova il villaggio di Nxamalala, poco lontano dalla discussa proprietà da 17 milioni di dollari dell’ex presidente Jacob Zuma, caduto in disgrazia e accusato di aver utilizzato il denaro dei contribuenti per acquistarla.
I residenti di Nxamalala raccontano che la siccità sta provocando una “guerra dell’acqua” tra le comunità confinanti. “A volte, quando raggiungi una fonte, ci trovi altre comunità a fare la guardia. Se ti avvicini ti picchiano”, racconta Talent Zuma, 31 anni, che non ha legami di parentela con l’ex presidente. “La gente dice che la prossima guerra si combatterà per l’acqua, ma qui sembra che sia già cominciata”.
Durante la siccità del 2015 sono morti più di mille polli della cooperativa di Zuma. “A un certo punto gli animali cominciano a strillare per la mancanza d’acqua. Quando non muoiono per la fatica di camminare alla ricerca delle pozze siamo costretti ad abbatterli”.
Gli abitanti ricordano che nel 2015 la siccità ha provocato malattie della pelle, svenimenti e per alcuni insufficienza renale e colera.
Condividere la risorsa
In molti villaggi rurali l’accesso limitato all’acqua ha alimentato discussioni quotidiane su come condividere e usare la poca disponibile e su come procurarsene ancora. Nel villaggio di Vuna, colpito duramente dalla siccità, alla fine è arrivata con le autobotti e si è deciso di condividere quella per lavarsi, ma a pagare il prezzo più alto sono stati gli animali, sempre più assetati.
La cooperativa del villaggio di Kuthelani (che significa duro lavoro) si trova circa venti chilometri a nord di KwaMusi ed è accessibile soltanto attraverso un tortuoso cammino di sabbia rossa da percorrere a piedi. Le quattro nonne che gestiscono l’ettaro di terra coltivato dalla cooperativa, nascosto tra imponenti montagne e acacie spinose, esultano quando Brandon Nthianandham, operatore di Siyazisiza, arriva portando in dono pezzi di canna da zucchero.
“Qui probabilmente la siccità è peggiore che altrove”, spiega Nthianandham. Ma le regolari piene improvvise del vicino fiume Vuna travolgono gli alberi e la terra, aggiunge indicando un grande albero abbattuto sulla riva del fiume. Quando non piove per lunghi periodi, a Vuna, così come a Nkandla, se deve acquistare acqua perché la fornitura del comune e il fiume sono inaffidabili, raccontano i residenti. “Nei mesi secchi paghiamo 800 rand (50 euro) per comprare quella di un’autobotte”, racconta Zikhuphulile Nkosi, 76 anni, presidente della cooperativa di Vuna. “Di solito ci basta per un mese, poi siamo costretti a bere l’acqua del fiume”.
L’acquisto è l’ultima risorsa, anche perché è una spesa che la maggior parte delle persone non può permettersi, spiega Nkosi.
L’ultima priorità
Il primo passo, di solito, è una discussione interna alla comunità sulla divisione della limitata quantità d’acqua disponibile.“Usiamo l’acqua del governo per bere. Per tutto il resto, anche per lavarci, ci spostiamo sul fiume. Questo lo inquina ancora di più”, spiega Nkosi. Anche a Nkandla, dove si trova la proprietà di Jacob Zuma, le famiglie cercano di usare meglio l’acqua. “Prima di tutto dobbiamo poter cucinare per nutrire i nostri figli”, sottolinea Nomathemba Mashange, 51 anni, capo della cooperativa Thelumoyaphansi, a Nkandla.
“Poi ci serve quella per lavarci. A volte siamo costretti a condividere la stessa acqua con una o due persone, prima di usarla per irrigare i campi. Il bestiame, in questo senso, è l’ultima priorità”. Gli animali sono abbandonati a se stessi o macellati quando non sono più in grado di camminare per andare ad abbeverarsi.
Nei periodi asciutti, quando gli abitanti delle zone rurali bevono più spesso l’acqua del fiume, aumentano i casi di diarrea e colera a causa del sapone, degli scarichi fognari e delle deiezioni animali riversate nel fiume dalle comunità che vivono a monte. “Prima o poi prendiamo tutti il colera”, ammette Nkosi. Dato che l’acqua fornita dal governo arriva saltuariamente, “siamo costretti a bere quella del fiume anche se sappiamo che è contaminata”, aggiunge.
A volte anche i fiumi si prosciugano. Quando accade, le quattro nonne di Vuna imbracciano le vanghe e scavano il letto del fiume per raggiungere la falda in profondità, raccogliendola con grandi contenitori di plastica. Una copertura di plastica tiene lontano il bestiame, “altrimenti le capre e le mucche bevono la nostra preziosa acqua”, spiega Nkosi.
A volte le nonne fanno la guardia, armate di sassi per allontanare gli animali. “I loro zoccoli spingono la sabbia riempiendo di nuovo il fiume”, spiega Nthianandham.
Nuove colture
Quando il fiume è abbastanza profondo, le donne piazzano un motore a benzina sulla riva e pompano l’acqua nei campi, compresi quelli di patata dolce che producono un buon raccolto anche con un’irrigazione minima. La sabbia morbida permette alle patate dolci di crescere, producendo grandi tuberi che le donne vendono nei centri abitati, racconta Nthianandham.
Le piante di patata dolce sono coperte da foglie secche per intrappolare la rugiada, risparmiando sull’acqua e altre comunità stanno sperimentando la coltivazione di colture più resistenti alla siccità.
A KwaMusi coltivano robusti fagioli indigeni, granoturco e canna da zucchero usando i semi conservati dopo raccolti particolarmente abbondanti o quelli forniti da Siyazisiza. Altrove crescono l’amaranto, il bulgur e la moringa, una pianta dalle proprietà antinfiammatorie simili a quelle della curcuma. I semi di moringa, macinati con uno speciale macchinario, li acquistano degli ambulatori della zona per usarli come integratore curativo. “Grazie a questi piccoli cambiamenti di coltura le comunità hanno qualcosa da mangiare e da vendere anche quando l’acqua scarseggia”, spiega Nthianandham.
Limiti di adattamento
Nella provincia rurale di KwaZulu-Natal i tentativi di adattarsi a condizioni più secche sono evidenti, dalle nuove cisterne Jojo dove raccogliere l’acqua dai tetti di lamiera all’aumento di pompe e tubi d’irrigazione. Per molte comunità queste innovazioni rendono la vita più semplice, soprattutto per le donne, come a Vuna, dove prima di ricevere le pompe d’irrigazione da Siyazisiza, trasportavano secchi d’acqua nei campi fino a quindici volte al giorno.
La comunità chiede al governo di agire e garantire un approvvigionamento idrico più stabile
Ora le pompe permettono di usare l’acqua (e il tempo libero) per incrementare la produzione e i guadagni, ma a Vuna temono che ci sia un limite alla possibilità di adattamento al clima secco se la carenza idrica continuerà a peggiorare. “Lavoriamo duro”, sottolinea Nkosi, “ma anche così la siccità potrebbe uccidere tutti i nostri prodotti”.
La comunità chiede al governo di agire e garantire un approvvigionamento idrico più stabile, soprattutto considerando che la portata dei fiumi è sempre più imprevedibile. “Abbiamo bisogno di pozzi, di dighe, di condutture”, spiega Mkhize. Mfuyo, la portavoce del dipartimento per l’agricoltura e lo sviluppo rurale, afferma che il governo sta lavorando a una nuova via d’accesso all’acqua e valutando progetti per l’anno finanziario 2019-2020. Ma gli abitanti dei villaggi non credono che lo stato si stia impegnando abbastanza per aiutarli.
A febbraio i mezzi d’informazione sudafricani hanno riferito che dai fondi del governo nazionale per la siccità mancavano più di 220 milioni di rand (14 milioni di euro). L’esecutivo ha stanziato altri 120 milioni di rand (7,5 milioni di euro).
Il dipartimento per la governance cooperativa del Sudafrica ha dichiarato che attualmente è in corso un’indagine sui fondi mancanti, ma un portavoce del dipartimento ha dichiarato che la quantità di denaro mancante è inferiore a quanto riportato.
Bisogno di investimenti
Con il peggiorare della crisi idrica il Sudafrica dovrà “rimboccarsi le maniche collettivamente e trovare le soluzioni”, come un miglioramento dei sistemi di raccolta dell’acqua piovana e di riciclo dell’acqua, spiega Sputnik Ratau, portavoce del dipartimento per l’acqua e l’igiene.
Secondo Kevin Winter, docente di scienze ambientali e geografiche all’università di Città del Capo, il governo sudafricano dovrebbe prendere provvedimenti radicali per gestire le risorse idriche sempre più scarse e garantire che le infrastrutture legate all’acqua siano sempre affidabili. “Purtroppo quando l’acqua è fornita gratuitamente nelle aree rurali non è gestita nel modo appropriato. Abbiamo un bisogno disperato di investimenti nelle nuove forme di gestione per affrontare i problemi legati alla fornitura e alla qualità dell’acqua”, sottolinea.
Per garantire che ci sia abbastanza acqua in un futuro sempre più secco servirà una maggiore vigilanza da parte di tutti, dice l’agricoltore Lucas Thungo. “Il governo deve monitorare l’uso dell’acqua. C’è solo una parola per descrivere la siccità del 2015: devastante. Non possiamo permetterci di rivivere quell’incubo”.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo fa parte della serie Un pianeta senz’acqua, realizzata dalla Thomson Reuters Foundation. Leggi la versione originale.
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