Le vere attività top secret che Kissinger conduceva negli anni settanta sono invecchiate altrettanto male. Nel giro di pochi anni fu la mente dietro i bombardamenti illegali... Leggi
Sessanta milioni di elettori ed elettrici hanno deciso di “rifare grande l’America”, make America great again, affidando il compito a Donald Trump, “il presidente più impreparato della nostra storia” come lo definisce stamani un New York Times sconfitto, assieme a tutto il sistema dei media e dei sondaggi e al cosiddetto establishment, quanto e più di Hillary Clinton. Leggi
Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali statunitensi. Dopo il risultato il candidato repubblicano ha parlato ai cittadini da un hotel di New York. Durante il discorso si è congratulato con Hillary Clinton per aver “combattuto duramente”. Il video dell’Afp. Leggi
“Hai sentito? Gli omosessuali hanno finalmente raggiunto la vera parità. Ora possiamo esibire il nostro diritto a essere di destra e intolleranti come gli etero. Ma com’è davvero la vita di un gay di destra?”. Un fumetto di Sam Wallman. Leggi
Dal New Yorker a Time, le copertine delle riviste statunitensi sui due candidati alle presidenziali 2016. Leggi
Non parliamo più degli Stati Uniti e dell’Europa. Parliamo dell’occidente. Parliamo delle grandi democrazie economicamente sviluppate, di un insieme che ormai forma un tutt’uno sulle due sponde dell’Atlantico, perché mai prima d’ora la scena politica europea e quella statunitense sono apparse così simili. Leggi
L’America è cinema, e nel grande schermo americano siamo tutti abituati a rispecchiarci e proiettarci da più di un secolo. Dunque non può stupire che nel kolossal della grande corsa alla Casa Bianca ci rispecchiamo anche noi europei, vedendoci ingigantiti tutti i segni della crisi politica e sociale che accomuna le democrazie occidentali di qua e di là dall’Atlantico. Leggi
Le frasi volgari di Donald Trump, le email del Blackberry di Hillary Clinton. Uno dei meriti di Bernie Sanders era stato, malgrado una campagna per le primarie forse ingenua e piena di sbagli, l’aver finalmente spostato tutto il dibattito sulle scelte concrete in campo politico, economico e sociale dei due candidati, sulla loro visione del mondo e sulle forti differenze che li separavano. Lo stesso non si può dire di Clinton e Trump. Leggi
Gli elettori di Bernie Sanders andranno a votare alle presidenziali statunitensi? E per chi voteranno? Jonathan Freedland, Katha Pollitt, Bhaskar Sunkara e Rebecca Traister ne parlano al festival di Internazionale a Ferrara. Leggi
Hillary Clinton o Donald Trump: chi vincerà la corsa alla Casa Bianca? Al festival di Internazionale a Ferrara, Rebecca Traister, Jonathan Freedland, Katha Pollitt e Bhaskar Sunkara raccontano la sfida delle presidenziali statunitensi. Leggi
Il prossimo presidente degli Stati Uniti sarà davvero una donna con un importante storia femminista e politica alle spalle, o i cittadini americani si ritroveranno al potere un candidato che passa le nottate a scrivere commenti sessisti su Twitter, come ha prospettato domenica mattina il giornalista Alessio Marchionna, di Internazionale?
La controversa candidatura di Hillary Clinton è stata al centro dell’incontro al Teatro Comunale, che ha visto protagoniste la scrittrice Rebecca Traister, la giornalista Ida Dominijannie la femminista Katha Pollitt, guidate nel confronto da Alessandro Marchionna.
Uno dei punti fondamentali del programma della Clinton è la battaglia sull’aborto: la candidata ha promesso in diverse occasioni che si impegnerà a renderlo più accessibile a tutti i ceti sociali, in modo da consentire la libertà di scelta anche alle donne più deboli economicamente. «Lo scontro sull’interruzione di gravidanza è uno spartiacque importante – ha dichiarato Katha Pollitt – è una linea di demarcazione tra uno stile di vita moderno, laico e femminista e un modo retrogrado di vedere la vita».
Oltre alle ovvie problematiche che comporterebbe l’illegalità dell’aborto, come la poca sicurezza dal punto di vista medico, e il conseguente stato di “fuori legge” per le donne che lo continuano a praticare, potrebbe anche essere motivo di profonda umiliazione per le donne che prendono questa decisione. Inoltre, è importante considerare che ad aver a che fare con queste difficoltà non sono solo mogli e donne accompagnate, ma sempre più donne single, il cui numero è in crescita di anno in anno secondo le statistiche, non solo in quelle americane. «Le battaglie femministe del secolo scorso – ha spiegato poi Rebecca Traister – hanno consentito alle donne della nostra generazione di vivere il matrimonio in maniera nuova». Non è più infatti quella rigida istituzione che consentiva alle donne di uscire dalla casa paterna e di entrare nell’età adulta, unico modo per cominciare a godere di una vita sessuale, costruire una famiglia, e assicurarsi una stabilità economica altrimenti impossibile: è solo una delle tante opzioni a disposizione delle giovani donne.
Pure Ida Dominijanni ha voluto ribadire l’importanza delle “nuove leve” del femminismo, che hanno raccolto un’eredità importante dalle antenate della cosiddetta “seconda ondata”, quella degli anni ‘60-’70, e si trovano a confrontarsi oggi con le conseguenze di questo scomodo passato. «È proprio perché abbiamo vinto la maggior parte delle nostre battaglie – ha spiegato la Dominijanni – che abbiamo a che fare con personaggi come Donald Trump. Lui è un movimento di reazione alla crescente libertà femminile, così come lo sono molti femminicidi. Ma in Italia abbiamo già vissuto tutto questo negli anni ‘90, con l’ascesa politica di Silvio Berlusconi show man e apparente esempio di self made men».
Le ha dato ragione anche Rebecca Traister, che ha sottolineato come Trump non sia altro che una personificazione del rancore di una parte della popolazione, quella che non ha mai accettato l’emancipazione di minoranze come le persone di colore e le donne: «Trump esiste perché esistono Obama e la Clinton», ha affermato. In effetti il presidente uscente, Barack Obama, rappresenta un elemento di rottura cruciale non solo in quanto primo presidente afroamericano, ma pure per la straordinaria importanza che ha dato, sia nella vita privata, sia in quella professionale, alle sue figure femminili di riferimento. «Obama prova un sentimento di sincera gratitudine per le donne della sua vita – ha affermato infatti Ida Dominijanni – ha sempre nutrito un certo orgoglio per la sua provenienza da generazioni di donne libere, considera la moglie Michelle “the rock of the family” e dimostra curiosità nei confronti delle figlie».
Un altro fulcro su cui si basa il programma di Hillary Clinton è l’affermazione del permesso parentale per le madri lavoratrici.
Come ha sottolineato Katha Pollitt, la maternità non deve essere un ostacolo nel progresso economico della donna, ma purtroppo il mantenimento di un figlio ha molto a che vedere con la consistenza dello stipendio. Forse, però, è sbagliato misurare i successi ottenuti dalle donne con lo stesso metro di quelli degli uomini, l’ha messo in evidenza Ida Dominijanni, che vede Hillary Clinton come la prova della possibilità, per le donne, di realizzare il proprio desiderio, qualunque esso sia. Ma la Clinton ha più volte anche diviso l’opinione pubblica, è una figura complessa: vero è che in un primo momento ha preferito il modello di famiglia tradizionale a una eventuale ascesa politica, ma, come ha ricordato Rebecca Traister, volendo essere onesti, non ha mai abbandonato la sua brillante carriera di avvocato. «Io lo chiamo “potere prossimale” - ha dichiarato la Traister – è quello che si ottiene per derivazione, quando capita di “succedere” a una figura maschile in un ruolo di potere. È triste, me ne rendo conto, ma è un primo passo che conta».
Già dalla sua candidatura, indipendentemente da quello che risulterà dal voto dell’8 novembre, si è assistito a un crescente numero di candidature femminili in posizioni di responsabilità, che rappresenta una nuova possibile classe dirigente, composta da donne che si affermano autonomamente e non per “potere prossimale”, per dirla con le parole di Rebecca Traister. «Anche io da giovane ero molto più combattiva – ha concluso Katha Pollitt – ma adesso dico: ragazze, dobbiamo prenderci quello che possiamo!».
Irene Lodi
Trump e i populisti europei: ciclicamente nelle democrazie occidentali politici che usano la voce grossa attirano consenso, attraggono anziché respingere, rassicurano anziché spaventare. Per il Festival di Internazionale di Ferrara al Cinema Apollo, Renato Coen di Sky Tg24 venerdì 30 settembre alle ore 17,00 ha moderato l’incontro tra Natalie Nougayrède, giornalista francese, Jonathan Freedland, di The Guardian e il giornalista statunitense David Rieff.
Natalie Nougayrède ha aperto l’incontro descrivendo la principale ragione del successo del populismo: la mancanza di riferimenti. La frustrazione derivata dalla difficile situazione economica, dalla crisi d’identità e dalla scarsa capacità dei partiti tradizionali di rispondere al bisogno di rassicurazione del popolo, hanno fornito terreno fertile per la diffusione di questi movimenti.
“La gente apprezza la voce grossa perché sovrasta il rumore”, dice Jonathan Freedland. La situazione dei migranti e la loro rappresentazione mediatica sono un esempio emblematico della perdita di controllo della politica. “Questa situazione” dice la Nougayrède, “non si risolve bloccando i confini o costruendo muri, ma con un miglioramento delle policies a livello europeo”.
“Il populismo ha bisogno di nemici, non di sostenitori”, questa la lezione che David Rieff ha imparato dalla sua esperienza col Chavismo in Sud America. “Fatta eccezione per il Canada”, scherza amaramente il giornalista statunitense, “tutti i Paesi hanno derive populiste. Ci sono quelle di destra e di sinistra, e populismi di cui non sappiamo definire il colore, ma tutti fanno parte del panorama politico.
Quanto sono potenti dipende da quanto forti sono le istituzioni politiche e quanto sono in grado di trattare i problemi reali.”
Nougayrède e Rieff concordano sul fatto che i populisti siano forti finché non venga dato loro un incarico di potere, in particolare se tecnico. In queste occasioni, come nel caso del Partito della Libertà austriaco, dimostrano la loro incapacità e perdono consensi.
Jonathan Freedland riflette invece sullo stile comunicativo. Trump, così come Farage e altri leader populisti, ha capito che “il medium è il messaggio. E il suo è chiaro: così come è in grado di distruggere il linguaggio, è pronto a distruggere il sistema”. Il giornalista di The Guardian accomuna Trump a Putin, sottolineando come entrambi riconoscano il potere delle bugie e le sfruttino deliberatamente per creare insicurezza e confusione.
A differenza di Natalie Nougayrède, Freedland riconosce in Trump una precisa ideologia di stampo fascista. L’individualismo e l’isolamento statunitense a cui aspira il candidato repubblicano non rappresentano una strada per la pace, secondo la giornalista francese. D’altra parte, David Rieff dipinge un governo Clinton con più guerre, in contrapposizione alla svolta del partito Repubblicano, che ha smesso di approvare le cosiddette “missioni di civilizzazione”.
“Trump è un genio”, dicono più volte sia il giornalista inglese che quello americano, “ha saputo cogliere il momento giusto e ha avuto una buona dose di fortuna”.– Barbara Busnard0
Barack Obama ha tenuto un discorso a Filadelfia a sostegno della candidata democratica Hillary Clinton. Il presidente statunitense ha accusato Donald Trump di aver dichiarato il falso e ha criticato i mezzi di informazione che accettano in modo acritico le dichiarazioni del candidato repubblicano. Il video del New York Times. Leggi
Il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton non sono i soli a correre per la presidenza degli Stati Uniti. Un terzo degli statunitensi sta pensando di votare per un terzo partito e il Partito libertario è tra le alternative. Il video dell’Afp. Leggi
Negli Stati Uniti i candidati alla presidenza hanno cambiato idea su alcune questioni fondamentali, ma in questi ultimi mesi il repubblicano Donald Trump ha fatto più di un clamoroso dietrofront. Il video del New York Times. Leggi
Il discorso di accettazione di Hillary Clinton nell’ultimo giorno della convention democratica a Filadelfia. È la prima volta che un grande partito candida una donna per la corsa alla Casa Bianca. Il video dell’Afp. Leggi
Inserisci email e password per entrare nella tua area riservata.
Non hai un account su Internazionale?
Registrati