Il monte Bianco, la vetta più alta delle Alpi, tra la Francia e l’Italia, ha perso più di due metri negli ultimi due anni, hanno affermato il 5 ottobre alcuni ricercatori. Attualmente la vetta è a quota 4.805,59 metri.
La rilevazione è stata condotta a metà settembre da venti specialisti che hanno scalato la montagna, suddivisi in otto gruppi, con strumenti altamente tecnologici e, per la prima volta, un drone.
La perdita di 2,22 metri potrebbe essere dovuta alla riduzione delle precipitazioni durante l’estate, ha dichiarato Jean des Garets, capo geometra del dipartimento dell’Alta Savoia, nel sudest della Francia.
“Ma tra due anni, quando effettueremo una nuova misurazione, il monte Bianco potrebbe aver ripreso quota”, ha aggiunto, spiegando che già in passato si sono registrati cambamenti simili.
La cima rocciosa della montagna si trova a 4.792 metri sul livello del mare, ma la spessa copertura di ghiaccio e neve varia a seconda delle condizioni meteorologiche e del vento.
“Variazioni fino a cinque metri”
I ricercatori misurano il monte Bianco ogni due anni dal 2001, sperando di capire meglio l’impatto della crisi climatica sulle Alpi.
“Stiamo raccogliendo i dati per le generazioni future”, ha detto Des Garets. “Ma non sta a noi interpretarli. Spetta a climatologi, glaciologi e altri scienziati spiegare i dati raccolti”.
Il dato più alto è stato registrato nel 2007, con 4.810,90 metri.
Nel 2021 era stato misurato un calo di un metro rispetto al 2017, mentre il risultato insolitamente basso del 2019 non era stato comunicato in quanto considerato non rappresentativo.
“L’altezza del monte Bianco varia da tempo immemorabile”, affermano i geometri dell’Alta Savoia.
In estate i venti spazzano via meno neve che in inverno, quindi la vetta è più alta in autunno che in primavera.
“Abbiamo imparato molto da queste misurazioni”, ha detto Des Garets. “Ora sappiamo che la vetta cambia costantemente altitudine e posizione, con variazioni fino a cinque metri”.
La crisi climatica sta accelerando lo scioglimento dei ghiacciai alpini, che sono particolarmente vulnerabili perché si trovano ad altitudini spesso inferiori rispetto a quelli di altre regioni del pianeta.
Secondo alcune stime, tra il 2000 e il 2020 hanno perso circa un terzo del loro volume. Nel 2022 è stata registrata una perdita del 7 per cento.