Il 16 ottobre la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni ha presentato una legge finanziaria per il 2024 che si fonda sul taglio delle tasse, anche se questo elemento non convince i mercati finanziari.

La legge finanziaria prevede quasi 24 miliardi di euro di nuove misure di sostegno a famiglie e imprese, mentre i mercati finanziari criticano il governo per la mancanza di tempestività nel porre un freno al debito e al deficit.

La manovra è “molto seria e realistica e non disperde risorse, ma le concentra sulle principali priorità”, ha assicurato Meloni parlando con la stampa a Roma, dopo un rapido consiglio dei ministri.

Tra queste priorità, finanziate per 15,7 miliardi di euro dal debito aggiuntivo e dai “tagli alla spesa”, c’è la “difesa del potere d’acquisto delle famiglie”, ha affermato.

Alla ricerca di risorse, Meloni ha alzato a fine settembre la previsione del deficit pubblico per il 2024 al 4,3 per cento del pil, rispetto al 3,7 per cento stimato in precedenza. Questa revisione al rialzo del deficit è stata immediatamente sanzionata dai mercati finanziari e ha causato un improvviso aumento dei tassi italiani.

Per far fronte all’inflazione, Giorgia Meloni ha rinnovato la riduzione degli oneri sugli stipendi annui fino a 35mila euro, per un costo di circa 10 miliardi di euro.

Meloni ha dichiarato di volere dare più sostegno alle famiglie numerose. Ha quindi promesso l’esenzione dai contributi previdenziali per le donne che hanno almeno due figli e “asilo nido gratuito a partire dal secondo figlio”.

La coalizione di destra che guida il paese ha insistito sul fatto che la legge è “responsabile e sobria”, ma gli analisti hanno ritenuto che fosse dedicato troppo spazio alle promesse elettorali.

“Giorgia Meloni sta ora mostrando il suo vero volto, cambiando radicalmente la sua strategia fiscale”, ha affermato Nicola Nobile di Oxford Economics. Secondo Nobile, l’allentamento di bilancio previsto per gli anni 2024-2026 “rende i mercati finanziari molto nervosi”.

Un debito crescente

Il ministro dell’economia, Giancarlo Giorgetti, uno degli esponenti più moderati ed europeisti della Lega, non nasconde la sua preoccupazione.

“Quello che mi spaventa non sono le opinioni della Commissione europea, ma quelle dei mercati che comprano debito pubblico. Ogni mattina mi sveglio e ho un problema: devo vendere il debito pubblico e devo convincere la gente ad avere fiducia”, ha ammesso a metà settembre.

Tuttavia, l’espansione del deficit è principalmente legato a un’eredità lasciata dai governi precedenti, un sistema di incentivi fiscali molto generoso, chiamato “superbonus” e destinato a rendere le abitazioni più efficienti dal punto di vista energetico. Costerà altri venti miliardi di euro nel 2024, secondo Meloni.

“La deriva del deficit italiano è in gran parte dovuta alla legge sul superbonus che non dipende dall’attuale governo”, commenta all’Afp Gilles Moëc, capo economista del gruppo Axa.

“Ma non rileviamo alcuna reale volontà da parte del governo Meloni di controllare i deficit rinunciando ad alcune promesse elettorali come la riduzione della pressione fiscale”, continua.

A fronte di un deficit crescente, si prevede che l’enorme debito italiano diminuirà solo marginalmente, con un rapporto che scenderà dal 140,2 per cento del pil nel 2023 al 139,6 per cento nel 2026.

Tra le misure chiave della manovra, c’è la fusione dei primi due scaglioni fiscali per garantire un reddito annuo fino a 28mila euro con un’aliquota ridotta al 23 per cento, anziché al 25 per cento. Secondo Giorgetti, si tratta di “un primo passo verso un’imposta unica per tutti”, una delle principali promesse elettorali della coalizione.

Inoltre, le aziende che assumono, in particolare gli ex titolari del “reddito di cittadinanza” destinato ai più poveri e tagliato dal governo, vedranno ridotta l’imposta sugli utili della società.

A causa della mancanza di entrate fiscali in un contesto di crescita lenta, Giorgetti punta anche sulle privatizzazioni che dovrebbero fruttare venti miliardi di euro entro il 2026, un obiettivo considerato ambizioso dagli analisti.