Sale la tensione tra Guyana e Venezuela: il presidente della Guyana, Irfaan Ali, ha dichiarato che le affermazioni del presidente venezuelano Nicolás Maduro costituiscono “una minaccia”. Maduro ha ordinato infatti la concessione di licenze petrolifere nell’Esequibo, regione amministrata dalla Guyana e ricca di petrolio.
Il 3 dicembre il Venezuela ha tenuto un referendum sull’annessione dell’Esequibo. Secondo i dati ufficiali, contestati da molti osservatori, hanno partecipato al voto circa 10,4 milioni di elettori venezuelani e il 95 per cento di loro si è detto favorevole all’annessione della regione al paese.
Forte di questa “vittoria”, Maduro ha ordinato all’azienda petrolifera statale Pdvsa di concedere licenze per lo sfruttamento di petrolio e gas nella regione dell’Esequibo. Il presidente venezuelano ha inoltre proposto che il paese adotti una legge speciale che vieti la stipula di contratti con aziende petrolifere con delle concessioni rilasciate dalla Guyana.
Maduro ha detto che queste aziende hanno tre mesi di tempo per ritirarsi dalla zona, ma si è dichiarato “aperto alla discussione”. Ha anche chiesto che venga promulgata una legge per creare la provincia di Guayana-Esequiba, spiegando che sarà fatto un censimento e che saranno rilasciate carte d’identità venezuelane agli abitanti.
Il presidente venezuelano ha tuttavia chiesto “un accordo diplomatico, giusto, soddisfacente per le parti e amichevole”, pur affermando che il suo paese “recupererà” l’Esequibo, un’area in cui nel 2015 sono stati scoperti vasti giacimenti di petrolio. Le reazioni del presidente della Guyana, Irfaan Ali, sono state immediate: il 5 dicembre ha pronunciato un discorso di emergenza alla nazione.
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“Questa è una minaccia diretta all’integrità territoriale, alla sovranità e all’indipendenza politica della Guyana. La Guyana la considera una minaccia imminente e intensificherà le misure precauzionali per salvaguardare il suo territorio”, ha affermato il presidente.
“Ho parlato stasera con il segretario generale delle Nazioni Unite e con diversi leader per allertarli su questa evoluzione pericolosa e sulle azioni del presidente Maduro, che mettono a repentaglio il diritto internazionale e sono un rischio significativo per la pace e la sicurezza internazionali”, ha aggiunto.
“Esortiamo il presidente Maduro a fare marcia indietro e a comportarsi in conformità con il diritto internazionale”, ha affermato, sottolineando che le forze armate della Guyana sono in “allerta”.
“Il Venezuela ha rifiutato il diritto internazionale, lo stato di diritto, la giustizia (…) così come il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali e si è letteralmente dichiarato una nazione fuorilegge”, ha sottolineato.
Caracas rivendica da decenni l’Esequibo (a volte chiamato Guayana-Esequiba), un territorio di 160mila chilometri quadrati, che rappresenta più di due terzi della Guyana e dove vivono 125mila persone, ovvero un quinto della popolazione del paese.
Il Venezuela sostiene che il fiume Esequibo dovrebbe essere il confine naturale tra i due paesi, come nel 1777 ai tempi dell’impero spagnolo. La Guyana, dal canto suo, ritiene che il confine risalga all’epoca coloniale inglese e sia stato ratificato nel 1899.
La Corte internazionale di giustizia (Icj), il massimo organo giudiziario delle Nazioni Unite (che però non è riconosciuta dal Venezuela), ha ordinato al governo venezuelano di “astenersi da qualsiasi azione che possa modificare la situazione” a Esequibo e a entrambe le parti di “astenersi da qualsiasi atto che possa aggravare o estendere la controversia”.
Le rivendicazioni del Venezuela sono diventate ancora più pressanti nel 2015, dopo la scoperta del petrolio nell’Esequibo da parte della ExxonMobil.
Una nuova scoperta di giacimenti è avvenuta il mese scorso, aggiungendo alle riserve della Guyana almeno dieci miliardi di barili. In questo modo il paese è diventato quello con le più grandi riserve di petrolio pro capite al mondo. Il Venezuela, da parte sua, possiede le maggiori riserve di greggio del pianeta in termini assoluti.