Il 30 aprile la Commissione europea ha aperto un’inchiesta sui social network Facebook e Instagram, sospettati di non aver rispettato i loro obblighi in tema di lotta alla disinformazione in vista delle elezioni europee di giugno.
Negli ultimi mesi molti leader europei hanno espresso la loro preoccupazione per le possibili manipolazioni dell’opinione pubblica da parte della Russia.
“Abbiamo messo in atto strumenti per proteggere i cittadini europei dalla disinformazione e dalla manipolazione da parte di paesi terzi”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. “In caso di sospetta violazione delle regole, interveniamo. Questo è sempre vero, ma lo è ancora di più in periodo elettorale”.
Si tratta della quinta inchiesta formale aperta dalla Commissione europea nell’ambito del nuovo Digital services act (Dsa), entrato in vigore nel 2023 per contrastare contenuti e prodotti illeciti online.
Bruxelles ha aperto due inchieste contro TikTok, una delle quali la settimana scorsa ha indotto la filiale dell’azienda cinese ByteDance a sospendere una controversa funzione della sua nuova app TikTok Lite che premiava gli utenti per il tempo trascorso sullo schermo, aumentando i rischi di dipendenza tra gli adolescenti.
Anche il social network X sotto inchiesta
All’inizio di marzo la Commissione europea ha avviato una procedura contro il colosso cinese dell’e-commerce AliExpress, filiale di Alibaba, sospettato di non fare abbastanza per contrastare la vendita di prodotti pericolosi, tra cui farmaci falsi.
Anche la prima inchiesta formale, aperta il 18 dicembre, riguardava la disinformazione. Nel mirino c’era il social network X (l’ex Twitter), accusato di violazioni del Dsa in tema di moderazione dei contenuti e di trasparenza.
Il Dsa si applica dalla fine di agosto alle grandi piattaforme digitali, tra cui X, TikTok e i principali servizi di Meta (Facebook, Instagram), Apple, Google, Microsoft e Amazon.
In totale ventitré colossi di internet, tra cui tre siti porno (Pornhub, Stripchat e XVideos), sono stati posti sotto la sorveglianza diretta della Commissione europea, che ha reclutato più di cento esperti per far rispettare le nuove regole.
I trasgressori rischiano multe fino al 6 per cento del fatturato annuo globale e, in caso di violazioni gravi e ripetute, il divieto di operare nell’Unione europea.