Con la crescente acidificazione degli oceani il pianeta è sul punto di superare una nuova soglia d’allerta che influirà sulla sua stabilità, resilienza e abitabilità, secondo un rapporto del Potsdam institute for climate impact research (Pik).

Quindici anni fa gli scienziati avevano definito nove “limiti planetari”, soglie che l’umanità non dovrebbe superare per restare in una “zona di funzionamento sicura”.

A causa delle attività umane, sei di queste soglie sono già state superate negli ultimi anni e, secondo il rapporto Planetary health check, pubblicato il 23 settembre, un settimo – l’acidificazione degli oceani – sarà superato “nel prossimo futuro”.

I sei limiti planetari già superati riguardano il cambiamento climatico, la deforestazione, la perdita di biodiversità, la quantità di prodotti chimici sintetici (tra cui la plastica), le riserve di acqua dolce e l’equilibrio del ciclo dell’azoto. Il rapporto Planetary health check, che d’ora in poi sarà aggiornato ogni anno, sottolinea che la situazione sta continuando a peggiorare.

L’acidificazione è dovuta all’assorbimento di anidride carbonica (CO2) da parte degli oceani. Con l’aumento della concentrazione di questo gas serra nell’atmosfera, il pH dell’acqua marina si riduce e diventa nocivo per molti organismi (coralli, crostacei, plancton, ecc.) e, in ultima analisi, per l’intera catena alimentare marina.

“Anche se riducessimo rapidamente le emissioni, un aumento dell’acidificazione sarebbe inevitabile a causa della CO2 già emessa e dei tempi di risposta del sistema oceanico”, ha spiegato Boris Sakschewski, uno dei principali autori del rapporto.

“Di conseguenza, il superamento della soglia nei prossimi anni appare inevitabile”, ha aggiunto.

Ben al di sotto della soglia di allarme è invece lo strato di ozono, che si sta riprendendo dopo la messa al bando dei clorofluorocarburi nel 1987.

Infine, un nono elemento – la concentrazione di particolato nell’atmosfera – è vicino alla soglia d’allerta, ma sta mostrando segni di miglioramento grazie alle misure adottate in alcuni paesi per garantire la qualità dell’aria. C’è però un rischio di peggioramento nei paesi in via di rapida industrializzazione.

“L’umanità rischia di danneggiare in modo permanente gli equilibri naturali che sostengono la vita sulla Terra, innescando cicli di retroazione irreversibili”, si legge nel rapporto.

“Dato che questi nove processi ecologici sono interconnessi, la strategia migliore è affrontarli tutti insieme”, conclude il rapporto, rivolgendosi ai governi e alle opinioni pubbliche.