Il 5 novembre, al termine di una campagna elettorale caratterizzata da forti tensioni, gli elettori statunitensi sono chiamati alle urne per decidere chi tra Kamala Harris e Donald Trump andrà alla Casa Bianca nel gennaio 2025.

I seggi hanno aperto alle 6 sulla costa est degli Stati Uniti, e nel corso della giornata milioni di persone aggiungeranno il loro voto ai più di 82 milioni espressi in anticipo.

Potrebbero volerci ore oppure giorni per stabilire chi ha vinto tra la candidata democratica, 60 anni, e quello repubblicano, 78 anni, che incarnano visioni opposte del paese.

Alla mezzanotte del 4 novembre Dixville Notch, un borgo sperduto nelle foreste del New Hampshire, ha inaugurato come da tradizione le operazioni di voto. Dei suoi sei elettori, tre hanno votato per Harris e tre per Trump.

Negli ultimi giorni la campagna elettorale si è fatta ancora più tesa. Harris ha definito Trump “un fascista che punta a un potere senza limiti”, mentre quest’ultimo l’ha definita “una stupida che distruggerà il paese”.

Comunque vada, le presidenziali del 2024 saranno storiche, sia che vinca Harris, che diventerebbe la prima presidente donna nella storia del paese, sia che vinca Trump, che ha una condanna penale ed è coinvolto in altri procedimenti giudiziari, e che nel corso del primo mandato ha prodotto sconvolgimenti in patria e all’estero.

Secondo gli ultimi sondaggi, i due candidati sono praticamente alla pari nei sette stati chiave che probabilmente decideranno l’esito delle presidenziali, permettendo a uno dei due di ottenere gli almeno 270 grandi elettori su 538 necessari per vincere.

Nel tentativo di convincere gli elettori indecisi in appena tre mesi di campagna elettorale, Harris ha puntato su un messaggio di difesa della democrazia e del diritto all’aborto, rivolgendosi ai repubblicani moderati e alle donne.

L’ex presidente repubblicano ha invece riproposto lo spartito del 2016 e del 2020, presentandosi come un candidato antisistema e vicino al popolo in grado di salvare il paese, che secondo lui è allo sbando, invaso da milioni di immigrati illegali pronti a delinquere, e in bancarotta economica e morale.

C’è molta preoccupazione per le possibili conseguenze del voto. Trump, che non ha mai riconosciuto la sconfitta del 2020 e che il 6 gennaio 2021 ha arringato la folla prima dell’assalto al congresso, ha già cominciato a mettere in discussione la regolarità del processo elettorale.

Secondo i sondaggi, due statunitensi su tre temono un’esplosione di violenza dopo il 5 novembre.