Il 27 marzo il segretario di stato statunitense Marco Rubio, in visita in Guyana, ha avvertito il Venezuela che un’eventuale operazione militare contro il piccolo paese petrolifero “finirebbe molto male per Caracas”. Il presidente venezuelano Nicolás Maduro ha reagito definendo Rubio “un imbecille”.

“Se i venezuelani dovessero attaccare la Guyana o l’azienda petrolifera statunitense ExxonMobil, passerebbero una brutta settimana”, ha dichiarato durante una conferenza stampa a Georgetown, sottolineando la forza della marina statunitense, presente nella zona.

Circa dieci anni dopo la scoperta di vasti giacimenti petroliferi offshore, il piccolo paese anglofono del Sudamerica è sul punto di diventare il primo produttore di petrolio pro capite al mondo, superando Qatar e Kuwait.

Ma la Guyana è preoccupata per l’aggressività del Venezuela, che rivendica l’Esequibo, una regione petrolifera di 160mila chilometri quadrati. “Sono solo le rivendicazioni illegittime di un narcostato”, ha affermato Rubio.

“Quell’imbecille di Marco Rubio è andato fino in Guyana per minacciare il Venezuela!”, ha dichiarato Maduro alla tv di stato, aggiungendo che il segretario di stato “fa parte dell’élite corrotta di Miami che odia il nostro paese”.

“L’esercito venezuelano non è disposto a tollerare le minacce di un governo straniero”, ha affermato in un comunicato il ministro della difesa Vladimir Padrino López.

A Georgetown Rubio ha firmato un memorandum d’intesa che rafforza la cooperazione in materia di sicurezza tra Stati Uniti e Guyana.

“Sono molto felice che gli Stati Uniti si siano impegnati a garantire la nostra sovranità e la nostra integrità territoriale”, ha dichiarato Irfaan Ali, il presidente della Guyana.

Il 6 marzo la Guyana aveva presentato ricorso alla Corte internazionale di giustizia (Cig) contro il Venezuela, che punta a organizzare delle elezioni nella regione contesa dell’Esequibo.

Caracas aveva infatti fissato per il 25 maggio le elezioni per il rinnovo dei governatori dei suoi più di venti stati, precisando che si sarebbero svolte anche nell’Esequibo, sul quale ha proclamato la propria sovranità nel 2024, in seguito a un referendum organizzato in Venezuela.

Il governo venezuelano non aveva però chiarito chi avrebbe potuto votare e come sarebbe stato organizzato lo scrutinio, considerando che la regione è amministrata dalla Guyana.

Caracas sostiene che un accordo firmato a Ginevra nel 1966, prima dell’indipendenza della Guyana, ponga le basi di una soluzione negoziata della disputa al di fuori della Cig, e che il fiume Esequibo costituisca un confine naturale, come nel settecento all’epoca dell’Impero spagnolo.

La Guyana sostiene invece che il confine attuale, risalente all’epoca della colonizzazione britannica, sia stato fissato definitivamente nel 1899 da un tribunale arbitrale di Parigi.