Questo articolo fa parte di una serie di Internazionale che spiega come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019.

La Banca centrale europea (Bce) è l’istituzione che amministra la politica monetaria della zona euro. Ha sede a Francoforte, in Germania. Fa parte del Sistema europeo delle banche centrali, che comprende le banche centrali di tutti i paesi dell’Unione europea, e dell’Eurosistema, costituito dagli istituti dei 19 paesi che hanno adottato l’euro. Il compito principale della Bce è controllare l’offerta di moneta e l’inflazione fissando i tassi d’interesse a cui concedere prestiti alle banche commerciali dell’eurozona. Inoltre gestisce le riserve di valuta estera dell’eurozona, vendendo o acquistando per mantenere in equilibrio i tassi di cambio. La Bce autorizza l’emissione degli euro in banconota da parte degli stati dell’eurozona.

Storia

La Bce è stata istituita nel 1998 con il trattato di Amsterdam, e ha assunto i suoi poteri l’anno successivo con la creazione dell’euro. Ha preso il posto dell’Istituto monetario europeo, creato nel 1994 per gestire il processo di avvicinamento all’unione monetaria.

Struttura

La Bce dispone di un capitale di circa 11 miliardi di euro, suddiviso tra le banche centrali dei paesi dell’Unione europea in base alla loro popolazione e al loro prodotto interno lordo. Dal 2011 è presieduta dall’italiano Mario Draghi, ex governatore della Banca d’Italia, il cui mandato scade il 31 ottobre del 2019. Il suo vice è lo spagnolo Luís de Guindos. Gli organi decisionali dell’istituto sono tre: il comitato esecutivo, in cui siedono il presidente, il vicepresidente e altri quattro membri nominati dai paesi dell’eurozona, che gestisce gli affari correnti; il consiglio direttivo, composto dal comitato esecutivo e dai governatori delle banche centrali dei paesi dell’eurozona, che stabilisce la politica monetaria e fissa i tassi d’interesse; e il consiglio generale, costituito dal presidente e dal vicepresidente della Bce e dai governatori delle banche centrali di tutti i paesi dell’Unione europea, che ha funzioni consultive e di coordinamento.

Mandato

In base all’articolo 2 del suo statuto, la Bce ha l’obiettivo di garantire la stabilità dei prezzi all’interno dell’eurozona. Secondo l’interpretazione del consiglio direttivo questo significa mantenere l’inflazione al di sotto del 2 per cento. Lo statuto non fa invece riferimento all’obiettivo di garantire la piena occupazione, esplicitamente previsto nel mandato di altre banche centrali, come la Federal reserve statunitense (Fed). Questo ha giustificato il rifiuto di attuare politiche di stimolo adottate da altri paesi all’indomani della crisi finanziaria del 2008, che secondo molti economisti ha contribuito a far durare la stagnazione economica in Europa. Nel 2015, vincendo la resistenza della Germania, Draghi ha avviato un programma di alleggerimento quantitativo simile a quello della Fed. Il piano, in base al quale sono stati acquistati 2.600 miliardi di euro di obbligazioni pubbliche e private, ha portato a una debole ripresa della crescita economica in Europa e si è concluso alla fine del 2018.

La troika

Nel maggio del 2010, quando in seguito alla crisi del debito pubblico la Grecia era sull’orlo dell’insolvenza, Atene ha chiesto aiuto all’Unione europea e al Fondo monetario internazionale (Fmi). La risposta è stata un piano di salvataggio da 110 miliardi di euro condizionato all’approvazione di tagli alla spesa pubblica e riforme strutturali. Il piano era gestito da quella che in gergo giornalistico è stata definita la troika, composta dalla Bce, dalla Commissione europea e dall’Fmi. Con l’allargarsi della crisi del debito, la troika è intervenuta in modo simile anche in Irlanda (dicembre 2010), in Portogallo (2011) e a Cipro (2013). La Grecia ha poi ricevuto altri due pacchetti di aiuti, per un totale di 289 miliardi di euro. La severità delle condizioni imposte per accedere ai fondi è stata definita eccessiva e controproducente da molti osservatori, compreso l’Fmi, che ha più volte minacciato di ritirarsi dal piano di salvataggio.

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L’acquisto di titoli di stato

Nell’estate del 2012, al culmine della crisi dell’euro e dei timori sulla sostenibilità del debito pubblico di molti paesi dell’unione monetaria, la Bce ha annunciato il ricorso alle outright monetary transaction (omt, operazioni monetarie definitive), ovvero l’acquisto diretto di titoli di stato a breve termine emessi dai paesi in difficoltà. Questo avrebbe permesso ai paesi che pagavano interessi troppo elevati sul loro debito pubblico di finanziarsi a tassi controllati. In cambio avrebbero dovuto accettare la supervisione finanziaria delle autorità europee e adottare riforme strutturali. Annunciando il programma, Draghi ha dichiarato che la Bce avrebbe fatto “tutto il necessario” per salvare l’euro, smentendo le voci su un possibile smantellamento dell’unione monetaria. Nessun paese ha fatto ricorso alle omt, ma la loro introduzione è bastata a rassicurare gli investitori e a scoraggiare la speculazione.

La sorveglianza bancaria

Di fronte al moltiplicarsi dei fallimenti e dei timori sullo stato di salute del sistema bancario di molti paesi dell’eurozona, nel 2012 è stato istituito un Meccanismo di vigilanza unico (Ssm). L’organismo, formato dalla Bce e dalle autorità per la sorveglianza bancaria dei singoli paesi, è entrato in funzione nel 2014. In base al nuovo sistema la sorveglianza sugli istituti più rilevanti (per dimensioni o per il rischio che rappresentano) spetta direttamente alla Bce. La supervisione delle altre banche resta di competenza delle autorità nazionali, ma la Bce può assumerne la vigilanza diretta.

Questo articolo fa parte di una serie di Internazionale che spiega come funzionano le istituzioni dell’Unione europea, in vista delle elezioni del 26 maggio 2019. È uscito nel numero 1297 di Internazionale. Compra questo numero|Abbonati

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