Femenino, femminile. Bisogna partire da questa parola per capire il Primavera sound del 2019. L’abbiamo sentita pronunciare nel video uscito il 5 dicembre per presentare il programma del festival che si terrà a Barcellona dal 30 maggio al 1 giugno. Un filmato costruito su un’estetica più simile a quella di uno spot pubblicitario che alle animazioni un po’ nerd degli anni passati.
Dopo che nel 2018 il movimento #MeToo ha dato una svolta al dibattito sulla parità di genere, il Primavera ha deciso di adeguarsi al rinnovato clima culturale mondiale e di presentarsi al suo pubblico con una line up formata per il 50 per cento da donne, una cosa che non era mai successa nella storia della manifestazione.
Come recita il video, il 2019 è l’anno del New Normal, in cui la parità è diventata normalità (sulla carta, la realtà è molto meno consolatoria). E quindi sono artiste come Cardi B, regina della trap statunitense, Janelle Monáe, Solange (sorella di Beyoncé), Erykah Badu e la star della musica spagnola Rosalía a spiccare nel programma. “È da tempo che lavoriamo a questa idea. In tutto il mondo nel 2018 si è parlato molto di parità e abbiamo deciso di dare un contributo a modo nostro. Quando ci siamo riuniti con le agenzie di booking, non abbiamo fatto fatica a tirar fuori diversi nomi femminili. Il rock è tradizionalmente dominato dai nomi maschili, ma in altri generi come l’elettronica, l’rnb e il rap c’è una forte presenza di donne”, spiega Marta Pallarès, la responsabile della comunicazione del festival.
Nel bene o nel male, il 2019 per il Primavera sarà considerato un anno spartiacque anche per altri motivi. Il festival infatti sembra anche aver dichiarato guerra alla cultura dell’headliner (vengono chiamati così gli artisti di maggior richiamo, quelli scritti in caratteri cubitali sul cartellone dei festival e che di solito permettono da soli di vendere i biglietti). Quest’anno il festival non ha puntato su nomi tradizionalmente vicini al mondo del rock e dell’indie come i Radiohead, Björk, gli Arcade Fire o i Blur. A colpire è la quantità di artisti provenienti dal mondo della musica nera. C’è Future, uno dei più famosi esponenti statunitensi della trap, c’è un nome storico dell’hip hop newyorchese come Nas, ma anche artisti più di nicchia come Danny Brown, 070 Shake e Princess Nokia, rapper femminista di origini portoricane.
Il Primavera sound ha scelto di sacrificare qualche appassionato della prima ora e di ringiovanire il pubblico
La parte più discussa e criticata del programma invece è quella dedicata all’urbano, un genere in lingua spagnola che mescola reggaeton, pop e rap e oltreoceano sta facendo sempre più concorrenza alla musica in lingua inglese. La scelta di chiamare il colombiano J. Balvin ha scatenato qualche protesta da parte degli appassionati storici del festival, ma può anche essere in grado di attirare un pubblico diverso.
“Dobbiamo metterci d’accordo su cosa vuol dire headliner”, spiega Alberto Guijarro Rey, uno dei fondatori e direttori artistici del Primavera, “per molte persone i Cure sono degli headliner, ma se andiamo a vedere i numeri che fanno J. Balvin o Cardi B su YouTube e Spotify sono loro gli headliner. Anche i Migos, che avevamo invitato l’anno scorso ma poi si sono tirati indietro all’ultimo, in Europa sono poco conosciuti ma negli Stati Uniti fanno numeri impressionanti, più dei Radiohead per esempio”. Nonostante il precedente dell’anno scorso, quindi, gli organizzatori non sembrano voler chiudere la porta al gruppo trap di Atlanta. “Mi piacerebbe che i Migos tornassero al festival l’anno prossimo, o in generale in futuro. Quest’anno abbiamo provato anche a invitare i Vampire Weekend, ma ci hanno detto che non saranno in tour in Europa in quel periodo. Cerchiamo sempre di ospitare i generi più disparati al festival”, aggiunge Guijarro Rey.
Guijarro Rey conferma inoltre che per conoscere gli orari precisi delle esibizioni e la distribuzione sui palchi (tra i quali tornerà finalmente l’Auditori, che l’anno scorso non è stato disponibile per tutti e tre i giorni) bisognerà aspettare un mese e mezzo prima dell’inizio.
Quest’anno, stando ai primi dati in possesso degli organizzatori, ci sarà un calo della presenza di britannici, mentre dovrebbe esserci il solito discreto flusso dall’Italia, uno dei paesi tradizionalmente più affezionati alla manifestazione di Barcellona. “I britannici saranno un po’ di meno, ma non così tanti di meno. È colpa della Brexit. Ho diversi amici che vivono nel Regno Unito e mi hanno detto che c’è una specie di psicosi collettiva che sta scoraggiando molte persone a spostarsi per festival o eventi come il nostro, anche se la Brexit ancora non c’è stata”, spiega l’organizzatore.
Il Primavera sound comunque non si è dimenticato della musica bianca e gli appassionati di rock e indie potranno comunque consolarsi: ci saranno gli australiani Tame Impala, che presenteranno il nuovo album. Per accontentare i nostalgici è previsto il ritorno degli Stereolab, ma anche quello del leader dei Pulp, Jarvis Cocker, oltre a nomi del rock alternativo come Low e Guided By Voices.
Insomma, quello del Primavera sound sembra un rischio calcolato. Ha deciso di sacrificare qualche appassionato della prima ora e di ringiovanire il pubblico, anticipando una tendenza che sembra inevitabile accontentare se si vuole investire sul futuro. E a questo punto sarà difficile tornare indietro. “Le prossime edizioni avranno uno spirito simile a quella del 2019, manterremo lo stesso livello di coraggio e apertura mentale. Questo non vuol dire che ogni anno il rapporto tra donne e uomini sarà sempre 50 a 50, ma cercheremo di restare sempre su quel livello”, dichiara Marta Pallarès.
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