◆ Le infrastrutture per l’estrazione e il trasporto dei combustibili fossili contribuiscono molto alle emissioni di metano, un potente gas serra. Nel novembre 2021 a Glasgow, durante la conferenza delle Nazioni Unite sul clima Cop26, i rappresentanti di più di cento paesi hanno firmato un accordo che prevede la riduzione delle emissioni di metano di almeno il 30 per cento entro il 2030. Uno dei modi più economici per raggiungere l’obiettivo potrebbe essere migliorare le infrastrutture nei settori del petrolio e del gas. Alcune ricerche hanno infatti dimostrato che pozzi, condotte e altre strutture sono responsabili di grandi quantità di emissioni di metano.
Un nuovo studio, pubblicato su Science, ha analizzato la situazione a livello mondiale, anche se alcuni siti di estrazione non sono stati inclusi per difficoltà tecniche. I ricercatori hanno usato i dati raccolti dal satellite Sentinel-5P dell’Agenzia spaziale europea (Esa) per creare una mappa dei maggiori emettitori di metano. Si stima che i super-emettitori rilascino otto milioni di tonnellate di metano all’anno, pari all’8-12 per cento delle emissioni totali dovute all’estrazione e al trasporto del petrolio e del gas. Il maggiore emettitore è il Turkmenistan, seguito da Russia, Stati Uniti, Iran, Kazakistan e Algeria. In Arabia Saudita invece le emissioni sono basse. Dato che il metano disperso ha un valore commerciale, un intervento per ridurre queste emissioni potrebbe essere economicamente vantaggioso.
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Questo articolo è uscito sul numero 1447 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati