Il 20 marzo, considerando che tutte le richieste erano state soddisfatte, la corte suprema brasiliana ha deciso di revocare la sospensione di Telegram, la popolare app di messaggistica molto usata anche dal presidente di estrema destra Jair Bolsonaro e presente nei telefoni di più di cinquanta milioni di brasiliani. Il 18 marzo il giudice del tribunale, Alexandre de Moraes, aveva ordinato d’interrompere il servizio, accusando i gestori dell’app di non fare abbastanza per impedire la diffusione di notizie false, di non aver bloccato i messaggi pubblicati dal blogger Allan dos Santos, sostenitore di Bolsonaro e sotto inchiesta per disinformazione. Pavel Durov, amministratore delegato di Telegram, ha poi spiegato che il ritardo nell’adempiere alle richieste della corte era dovuto a un “problema di comunicazione” con il tribunale e in particolare a degli indirizzi email sbagliati. “È servita una misura estrema affinché Telegram finalmente rispettasse le indicazioni della giustizia brasiliana, dopo mesi in cui si comportava come se fosse al di sopra della legge”, scrive in un editoriale il quotidiano Folha de S.Paulo. “La vicenda ha dimostrato che in un anno di elezioni la giustizia brasiliana è disposta a usare tutta la sua autorità, ma ha anche evidenziato i pochi mezzi che ha a disposizione” .

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Questo articolo è uscito sul numero 1453 di Internazionale, a pagina 34. Compra questo numero | Abbonati