“Il 15 agosto l’India ha celebrato 75 anni d’indipendenza, ma c’è ben poco da festeggiare”, scrive Al Jazeera. “La democrazia indiana vacilla su diversi fronti. L’economia è in crisi da molto prima dell’inizio della pandemia: alla vigilia del primo lockdown, la crescita del pil era la più bassa dal 1975-1976. Ora l’economia sembra essere in ripresa, anche se l’impennata dei prezzi energetici e alimentari dovuta alla guerra in Ucraina sta causando un rallentamento. Anche i diritti delle minoranze sono in declino. Linciaggi, campagne di disinformazione e intimidazioni sono diventati parte della vita dei musulmani indiani. Come se non bastasse, da tempo il governo di Narendra Modi cerca di mettere a tacere i dissidenti e controllare i mezzi d’informazione”. Il 15 agosto 1947 è stato anche il giorno della partizione, la divisione del paese in due stati, India e Pakistan. Quell’evento portò a terribili episodi di violenza: stupri di massa, massacri e danni alle cose da entrambi i lati del confine appena tracciato. “Anche se gli indiani si liberarono dal dominio coloniale, le nubi del nazionalismo religioso che ha portato alla partizione non si dissolveranno facilmente”, spiega The Wire. “Nel 1947 furono i progressisti, che hanno costruito le basi dell’India moderna, a definire per primi l’idea di un paese inclusivo, democratico e relativamente aperto”, scrive Scroll.in. “Questa visione è sopravvissuta agli orrori della partizione e alle spinte autoritarie di Indira Gandhi. Resta da vedere se sopravvivrà a Modi”. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1475 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati