Il 7 e l’8 marzo migliaia di persone hanno manifestato nel centro di Tbilisi contro l’approvazione, in prima lettura, di una legge che prevede di dichiarare agenti stranieri le ong che ricevono almeno il 20 per cento dei finanziamenti dall’estero. Alcune centinaia di dimostranti hanno cercato di fare irruzione nel parlamento. Il provvedimento era stato presentato da un partito della coalizione di governo, guidata da Sogno georgiano, la formazione di fatto controllata dall’oligarca Bidzina Ivanishvili, e si aggiunge ad altre misure sul controllo dei mezzi d’informazione e delle organizzazioni della società civile. Secondo l’opposizione e i manifestanti, spiega Eurasianet, la legge allontana la Georgia dal suo faticoso percorso di avvicinamento all’Unione europea e rischia di renderla sempre più simile alla Russia, dove l’approvazione di una legge analoga, nel 2012, è servita a mettere a tacere le organizzazioni indipendenti e le voci critiche verso il Cremlino. Lo scontro attuale è l’ultimo episodio di una serie di tensioni tra la componente europeista della società georgiana e la maggioranza di governo, accusata di essere schiacciata su posizioni filorusse e di essersi mostrata molto timida nell’appoggio all’Ucraina dopo l’aggressione russa del 24 febbraio 2022.

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Questo articolo è uscito sul numero 1502 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati