In democrazia i governi possono essere buoni o cattivi e hanno il diritto di attuare il loro programma. Ma devono rispettare la costituzione. I primi cento giorni dell’esecutivo di Luiz Inácio Lula da Silva segnano proprio il ritorno al rispetto delle istituzioni. Sono finiti gli attacchi contro gli altri poteri dello stato e il corteggiamento insistente dell’esercito, così comuni durante gli anni di Jair Bolsonaro. Il rapporto tra il governo e il parlamento ha ritrovato la maturità degna di due istituzioni elette dai cittadini.
Il terzo mandato di Lula cercherà di ripristinare, non senza contrasti, le migliori politiche in materia di istruzione, sanità, sicurezza, ambiente e diritti umani. Per il momento, la polizia sembra agire con maggiore professionalità. I punti critici, invece, arrivano quasi tutti da una visione superata del mondo e del Brasile. Il Lula del 2023 non ha ancora capito come il paese è cambiato negli ultimi vent’anni e non ha imparato né dagli errori del Partito dei lavoratori (Pt) né dal risultato delle urne. La richiesta di maggiore libertà economica e di uno stato efficiente che si occupi delle questioni sociali arriva da importanti segmenti della società brasiliana. E c’è meno tolleranza nei confronti del corporativismo e del dirigismo ancora radicati nel Pt. Non è una coincidenza se in questi anni sono state approvate leggi per migliorare l’efficienza della pubblica amministrazione. Contrastare questa ondata di riforme, come fanno il presidente e la sua squadra, pregiudicherebbe lo sviluppo del paese, alimentando la frustrazione dei cittadini. È una pessima strategia politica.
Gli anacronismi si ritrovano anche in politica estera. Corteggiare gli autocrati amici è diventato ancora più insostenibile, soprattutto se allo stesso tempo si vuole portare avanti una retorica antiautoritaria in Brasile. La sinistra sudamericana è assolutamente capace di modernizzarsi, come dimostra il caso del Cile. L’importante è che sappia riconoscere quali sono i suoi punti di forza, cioè le politiche d’inclusione, ma anche i suoi difetti, cioè l’idea che lo stato dirige l’economia e che alcune dittature sono tollerabili. Lula ha ancora 1.365 giorni a disposizione. Ha tempo a sufficienza per orientare il suo governo. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1507 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati