Cormac McCarthy (Jim Spellman, WireImage/Getty)

È la profondità dell’oscurità a spaventare Bobby Western, l’uomo tormentato al centro del nuovo straordinario romanzo di Cormac McCarthy. Western lavora come sommozzatore nel golfo del Messico, occupandosi di chiatte affondate e piattaforme petrolifere danneggiate. Si spinge sempre più verso l’ignoto. Pubblicato sedici anni dopo La strada, Il passeggero è come una nave sommersa: uno splendido relitto sotto forma di thriller noir. La saga generazionale di McCarthy copre tutto, dalla bomba atomica all’assassinio di Kennedy, fino ai princìpi della meccanica quantistica. È a tratti rude e luttuoso, coinvolgente e indulgente. Ogni romanzo, diceva Iris Murdoch, è il relitto di un’idea perfetta. Questo è enorme. Contiene scheletri e oro sepolto. A circa quindici metri di profondità, Western esplora un charter abbattuto. Si fa strada tra i detriti galleggianti e le vittime dagli occhi vitrei, ancora allacciate ai loro sedili all’interno della fusoliera. L’aereo trasportava otto passeggeri, ma uno sembra essere scomparso e le indagini successive fanno pensare a un insabbiamento governativo. Western si muove nella New Orleans dei primi anni ottanta, intrattenendosi con la gente del posto e cercando di aggirare i suoi nemici. Ma si proietta anche indietro nel tempo, sfruttando il suo legame quasi incestuoso con la sorella suicida, Alicia. La scrittura di McCarthy è potente, inebriante. Come narratore, però, sembra che stia deliberatamente smettendo di raccontare, che stia concludendo la sua parabola. Western e Alicia, apprendiamo, sono figli della bomba. Il padre era un noto fisico nucleare che ha contribuito alla scissione dell’atomo. Anche Western, in gioventù, ha studiato fisica. Ha imparato a conoscere i protoni e i quark, i leptoni e la teoria delle stringhe, ma ha abbandonato la sua vocazione per una vita da operaio. Il passeggero nasce come thriller esistenziale sullo stile di Non è un paese per vecchi prima di crollare su se stesso. Western può seminare i suoi inseguitori, ma non può sfuggire alla sua storia. Così si dirige nel deserto, da solo, per guardare le raffinerie di petrolio che bruciano in lontananza e osservare le vipere arrotolate nell’erba ai suoi piedi. “Tutto svanisce come se non fosse mai esistito”, pensa. Questo romanzo è un glorioso canto del tramonto.
Xan Brooks, The Guardian

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Questo articolo è uscito sul numero 1511 di Internazionale, a pagina 92. Compra questo numero | Abbonati