Il sistema alimentare industriale è a un bivio. I suoi limiti etici e ambientali sono ormai evidenti: provoca gravissimi danni all’ambiente, alla biodiversità, alle risorse idriche e al benessere degli animali. Inoltre a lungo andare è insostenibile, perché i terreni non potranno reggere questo ritmo ancora per molto. Ma a volte le questioni ambientali ed etiche entrano in conflitto: dal punto di vista del benessere degli animali è meglio consumare carne di bovini allevati nei pascoli, ma le emissioni di gas serra sono enormi.
Esistono due vie d’uscita. Una è coltivare in modo più intensivo una superficie minore, usando innovazioni tecnologiche come la fermentazione di precisione per fornire le proteine animali. La seconda è tornare ai metodi del passato e ripristinare i sistemi di agricoltura rigenerativa. Secondo alcuni questo porterebbe a scarsità di cibo, ma ci sono prove che l’agricoltura rigenerativa può essere produttiva quanto quella industriale pur avendo un minor impatto sull’ambiente. E non bisogna dimenticare che il sistema industriale produce da mangiare a sufficienza per dieci miliardi di persone, ma ne sprechiamo circa un terzo.
Le soluzioni esistono già. Per esempio, è possibile comprare formaggio da aziende a emissioni negative, dove gli animali vivono a lungo e in ottime condizioni. Gli allevamenti in cui il pollame vive libero tra gli alberi funzionano in Canada e in America Latina. Il prezzo di questi prodotti è più alto di quelli industriali, ma riflette il reale costo di produzione. È probabile che dovremo accettarlo.
Sono piccoli passi verso un cambiamento indispensabile che prima o poi arriverà. Fino ad allora, seguite il consiglio del giornalista Michael Pollan: “Mangia cibo. Non troppo. Soprattutto vegetali”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1515 di Internazionale, a pagina 21. Compra questo numero | Abbonati