Da decenni ormai, a fasi alterne, i musicisti di Herat, in Afghanistan, sono costretti ad andare in esilio nella città iraniana di Mashhad. I loro viaggi ciclici oltre il confine corrispondono alle fluttuanti dinamiche di potere afgane, mentre i momenti di stabilità vengono infranti da nuove ondate di oppressione: prima l’intervento sovietico negli anni ottanta, la presa del potere dei taliban nel 1996, la loro caduta nel 2001 e il loro ritorno vent’anni dopo. La compilation e la serie di documentari Afghan music in exile: Mashhad 2022 mette in luce la comunità afgana trapiantata in Iran, puntando i riflettori sulla loro musica folk e classica e, soprattutto, dando un’idea del ricco patrimonio di una regione che di solito è rappresentata solo attraverso narrazioni di guerra. L’album, pubblicato dall’etichetta australiana Worlds Within Worlds, include brani dei discendenti delle più importanti dinastie musicali di Herat, tra cui il suonatore di rubab (una specie di liuto) Nasim Khushnawaz. Il musicista vive a Mashhad dal 1996, quando la sua famiglia fu costretta a lasciare il paese in seguito al bando della musica imposto dai taliban. “Mashhad è la mia casa. Vivo qui da quando avevo sedici anni. Qui ho amici afgani e iraniani, e la nostra cucina, il nostro accento e la nostra cultura sono vicine”. Ora è lui il principale suonatore di rubab della città: si esibisce a cerimonie e matrimoni con cantanti del suo paese.
Megan Iacobini de Fazio, Bandcamp Daily
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Questo articolo è uscito sul numero 1519 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati