Tania del Río, sociologa originaria del Sinaloa, uno degli stati più violenti del Messico, ha scritto Las rastreadoras (Aguilar), un libro che approfondisce la storia e le vite delle madri cercatrici, le cosiddette “donne segugio”, organizzate in gruppi che cercano i cadaveri dei figli vittime di sparizione forzata. L’ultimo episodio è di poche settimane fa: cinque giovani che erano usciti insieme a Lagos de Moreno, nello stato messicano di Jalisco, e che sarebbero stati assassinati dai narcotrafficanti. Finora nessuno è stato arrestato e i corpi devono ancora essere ritrovati, com’era successo ai 43 studenti di Ayotzinapa nel 2014. Del Río spiega che le sparizioni forzate in Messico esistono dagli anni settanta, quando era l’esercito a esserne responsabile. Poi hanno cominciato i trafficanti di droga, con la connivenza dello stato. Finora le persone scomparse, di solito giovani, sono più di 110mila, le condanne solo 36. “Il lavoro delle donne segugio dimostra che lo stato non funziona”. Almudena Barragán, El País
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Questo articolo è uscito sul numero 1528 di Internazionale, a pagina 75. Compra questo numero | Abbonati