Come nel “primo” film africano, La nera di… (1966), Io capitano comincia a Dakar, in Senegal. E come nel capolavoro di Ousmane Sembène, la promessa dell’Europa spinge un giovane protagonista lontano dal calore della sua comunità e verso degradazione, disumanizzazione e abusi. Invece della ragazza senegalese che arriva ad Antibes, in Francia, qui seguiamo Seydou, 16 anni, e suo cugino Moussa in un tortuoso viaggio per raggiungere l’Italia. Matteo Garrone ha scelto di vedere il suo paese dalla prospettiva di uno straniero, di un outsider, e ha così creato uno sguardo sorprendentemente umano sulla discesa agli inferi che tante persone affrontano quando viaggiano verso l’Europa, sognando un futuro migliore.
Leila Latif, Indiewire

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Questo articolo è uscito sul numero 1529 di Internazionale, a pagina 89. Compra questo numero | Abbonati