“Il caso Senegal in discussione”, titola il giornale Sud Quotidien commentando le denunce di Human rights watch. Secondo l’organizzazione per i diritti umani, in vista delle presidenziali del 25 febbraio le autorità di Dakar hanno schiacciato l’opposizione, imbavagliato i mezzi d’informazione e intimidito la società civile. Il giro di vite, in realtà, è cominciato nel 2021 – con i primi processi contro l’oppositore Ousmane Sonko – e si è intensificato negli ultimi mesi. Intanto, il 21 gennaio, il consiglio costituzionale del Senegal ha pubblicato la lista definitiva dei venti candidati presidenziali, da cui mancano due figure di primo piano: Sonko, escluso perché deve scontare una condanna a due anni di carcere, e Karim Wade, figlio dell’ex capo di stato Abdoulaye Wade. La candidatura di Wade per il Partito democratico senegalese (Pds) non è stata accettata perché lui ha la doppia nazionalità senegalese e francese, cosa non ammessa dalla costituzione. Nella sede del Pds, scrive il sito Seneplus, i militanti accusano il presidente Macky Sall di aver voluto favorire il candidato del suo partito, il premier Amadou Bâ. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1547 di Internazionale, a pagina 25. Compra questo numero | Abbonati