Emahoy Tsegué-Maryam Guèbrou, morta nel 2023, ha una storia affascinante. Era nata in Etiopia nel 1923 in una famiglia benestante. Cominciò a studiare musica da bambina. I suoi studi furono interrotti dopo che lei e la sua famiglia furono fatti prigionieri dai colonizzatori italiani alla fine degli anni trenta. Dopo la guerra si fece suora e visse isolata in un convento per dieci anni, salvo poi riprendere a suonare e a comporre una volta terminata la vita monacale. Il suo primo disco fu pubblicato nel 1967 con l’aiuto dell’imperatore Hailé Selassié e lei ne donò il ricavato per aiutare i bambini bisognosi. Negli anni successivi continuò a pubblicare musica, in gran parte per pianoforte. Nel 1984, dopo il colpo di stato che fece cadere Selassié a vantaggio del dittatore comunista Mengistu Hailé Mariàm, fu costretta a fuggire a Gerusalemme, dove ha vissuto fino all’anno scorso. Di recente l’etichetta Mississippi Records, che ha sede a Portland, nell’Oregon, Stati Uniti, ha pubblicato Souvenirs, un disco inedito di Emahoy che raccoglie registrazioni casalinghe realizzate in gioventù. I brani di Souvenirs sono suonati al piano e cantati in amarico, la lingua etiope, ma i titoli sono in inglese. Queste canzoni parlano di esilio in modo quasi preveggente. L’iniziale Clouds moving on the sky recita: “Quando guardavo fuori / oltre le nuvole / non riuscivo a vedere il cielo del mio paese / Sono davvero andata così lontana?”.
Gareth Thompson,
Klof Mag
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Questo articolo è uscito sul numero 1552 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati