I libri dello scrittore Mike Wilson sono decisamente singolari. Nato negli Stati Uniti, per la precisione a Saint Louis, Wilson vive in Cile e scrive in spagnolo, inserendo i paesaggi e i modi narrativi nordamericani nella letteratura sudamericana. In Dio dorme nella pietra si sente l’impronta dei western erranti e selvaggi di Cormac McCarthy ma anche l’eco più ampia del grande racconto americano. Un cowboy solitario avanza a cavallo attraverso luoghi deserti, con il fucile sempre pronto e alcuni elementi che lo distinguono, come i suoi stivali di gomma. Il protagonista non si ferma mai, come se il movimento fosse il suo unico destino. Lungo il cammino incontra personaggi insoliti o emarginati: una sacerdotessa che aggredisce un bambino (e lo uccide con un colpo ben mirato) e poi banditi e perfino un gruppo di lebbrosi. La natura, anche i minerali, le pietre, tutto sembra permeare quella vita. Non affiora mai alcuna psicologia, anche se compaiono sogni o ricordi: le azioni vengono prima di tutto. Con una prosa lirica, intrisa di echi rapsodici e religiosi, il nomade avanza senza chiedere permesso a nessuno e senza fermarsi.
Marcelo Sabatino, La Nación
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Questo articolo è uscito sul numero 1555 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati