Mahmoud Hjaj, Anadolu Agency/Getty

“Violenti bombardamenti d’artiglieria hanno colpito il 26 maggio Al Fashir, il capoluogo dello stato del Darfur Settentrionale, costringendo molte persone a scappare, anche quelle che vivevano nei tre campi per sfollati interni di Abu Shouk, Naivasha e Abuja”, scrive il quotidiano sudanese Al Taghyeer. Le Nazioni Unite stimano che 505mila abitanti abbiano dovuto spostarsi dalle zone dei combattimenti dopo l’attacco sferrato dai paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) per conquistare la città, l’ultima a sfuggire al loro controllo nel Darfur (la parte occidentale del paese). In tutto il Sudan dall’inizio della guerra il numero delle persone costrette ad abbandonare le loro case ha superato gli 8,8 milioni, in quella che è stata definita la più grave crisi di sfollati al mondo. Secondo l’ong Medici senza frontiere, dal 10 maggio l’assedio di Al Fashir ha causato già 134 morti e centinaia di feriti. Intanto ad Addis Abeba, in Etiopia, seicento persone hanno partecipato a una conferenza convocata dall’ex premier sudanese Abdallah Hamdok ( nella foto ) per lanciare l’iniziativa civica Tagadum. L’obiettivo è mettere fine al conflitto in Sudan e portare al tavolo dei negoziati i generali rivali Abdel Fattah al Burhan e Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti.

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Questo articolo è uscito sul numero 1565 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati