Virgil Wander si svolge a Green­stone, Minnesota, un luogo agonizzante, cristallizato nell’ambra della sua stessa nostalgia. Bob Dylan una volta è stato qui, quando forò due gomme e trovò un pezzo di vetro nel suo hamburger. Ci scrisse una canzone sopra ma nessuno sa esattamente quale. Oggi Greenstone ha talmente bisogno di un rilancio che si è inventata un festival chiamato Hard luck days. Questo particolare tipo di feroce autoironia è l’unica merce che la cittadina riesce a fabbricare ed è anche la specialità del narratore, Virgil Wander, il gestore del cinema locale. Lui è un uomo malinconico del midwest e si descrive come uno “che vola a media altezza e aspira vagamente alla decenza”. Un giorno Virgil perde il controllo della sua auto e finisce in un lago ghiacciato. Si risveglia in ospedale “con un leggero trauma cerebrale” che gli danneggia la memoria e la parola. Gli viene detto di predersela con calma e così fa anche il romanzo, mentre il protagonista cerca di riscoprire se stesso in queste pagine calde e un po’ nebulose.
Ron Charles, The Washington Post

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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati