L’attenzione di Jean-Baptiste Adamsberg, il poliziotto flâneur caro alla scrittrice di gialli e archeologa Fred Vargas, è attirata da un omicidio consumato a Louviec, un villaggio della Bretagna vicino a Combourg e al suo castello. Il principale indiziato è una personalità del paese, un eccentrico discendente di François-René de Chateaubriand. Convinto della sua innocenza, Adamsberg parte con tutta la sua squadra per Ille-et-Vilaine quando gli omicidi cominciano a moltiplicarsi. In Sulla pietra, il dodicesimo caso di Adamsberg, la “formula magica” di Vargas non cambia molto. L’autrice si lascia scappare degli indizi da interpretare (qui è l’uso di un raro pugnale come arma del delitto) e come sempre l’indagine poliziesca diventa anche una storia basata sulle leggende locali. Per esempio quella del fantasma del castello di Combourg che tormenta gli abitanti del villaggio di notte sbattendo la gamba di legno sul selciato. Il protagonista assoluto di questo coinvolgente romanzo rimane Adamsberg, un investigatore lontanissimo da qualunque stereotipo poliziesco, posseduto da un’innata nonchalance che a volte sembra sciatteria se non addirittura indifferenza. Alla fine il commissario risolve il suo caso usando metodi opachi, se di metodo possiamo parlare. La forza del libro è forse anche la sua debolezza: l’autrice è talmente occupata a costruire la storia intorno al suo personaggio con la testa tra le nuvole da lasciarla scivolare via, alla fine, troppo facilmente.
Abel Mestre, Le Monde
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Questo articolo è uscito sul numero 1568 di Internazionale, a pagina 88. Compra questo numero | Abbonati