Mentre si moltiplicano gli eventi estremi come inondazioni, frane e ondate di calore, un altro fenomeno climatico passa quasi inosservato: lo scioglimento dei ghiacciai, che provoca un pericoloso innalzamento del livello dei mari. I risultati delle ricerche sono preoccupanti. La notizia più recente è che i ghiacciai dell’Alaska si sono ridotti più rapidamente del previsto e il processo potrebbe diventare irreversibile. Il campo di ghiaccio di Juneau, tra Alaska e Canada, ha già perso un quarto del volume che aveva nel settecento, con una velocità raddoppiata tra il 2010 e il 2020. L’acqua risultata dallo scioglimento si riversa in mare, innalzandone il livello.

Negli ultimi quarant’anni le piattaforme di ghiaccio della Groenlandia hanno perso il 35 per cento della loro massa, compromettendone la funzione di freno allo spostamento dei ghiacciai. Altrettanto inquietanti sono gli studi che mostrano la destabilizzazione dei ghiacciai dell’Antartide, dove si trova la più grande massa di ghiaccio del pianeta. Dal 2006 al 2018 le acque costiere si sono innalzate in media di quasi quattro millimetri all’anno, con una velocità tripla rispetto a quella osservata tra il 1901 e il 1971. Gli scienziati stimano che nel 2100 l’innalzamento sarà compreso tra 50 centimetri e un metro, a seconda dei risultati ottenuti nella riduzione delle emissioni di gas serra. Se saranno raggiunti gli obiettivi dell’accordo di Parigi del 2015, mantenendo il riscaldamento entro 1,5 gradi rispetto al periodo preindustriale, l’innalzamento degli oceani non supererà il mezzo metro. Ma oggi sembra scontato che questo limite sarà oltrepassato.

A subire le conseguenze peggiori sarà la popolazione dei paesi insulari. Nel mondo le persone a rischio sono più di 300 milioni. La combinazione tra innalzamento dei mari e piogge torrenziali potrebbe causare alluvioni devastanti. Uno scenario da brividi. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1573 di Internazionale, a pagina 17. Compra questo numero | Abbonati