C’è una rivoluzione ma non se ne accorge nessuno. Deve essere successo in molti villaggi russi nel 1918 lontani da Mosca o da San Pietroburgo. Non si parla tanto di chilometri, quanto di interi mondi di distanza. Yulia Marfutova descrive uno di questi piccoli villaggi-mondo nel suo romanzo d’esordio Il cielo cent’anni fa. L’autrice è nata a Mosca nel 1988, ha studiato tedesco e storia a Berlino e ora vive a Boston. Con periodi semplici e stringati ci porta indietro nel tempo in un villaggio dove tutto è talmente piccolo che niente ha un nome proprio: mercato, paese, fiume, foresta. La gente si chiama tutta Ilja perché così si chiamava il loro padre. Ci sono pochi giovani uomini nel paese: solo in tre sono tornati dalla guerra contro il Giappone, un paese straniero al di là del fiume e molto lontano. Qui non si parla di politica, gli uomini non parlano della guerra e il vecchio Ilja di solito dice solo “mhm”. Ciononostante il libro è pieno di chiacchiere, di voci, di monologhi e di storie superstiziose. Un giorno nel villaggio arriva Wadik, un giovane uomo sconosciuto. Indossa un’uniforme da ufficiale ma non è un ufficiale e chiede a tutti di staccare le icone dalle pareti delle loro case. Alla fine la cosiddetta realtà irrompe nel paesino.
Viktoria Morasch, Die Tageszeitung
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Questo articolo è uscito sul numero 1577 di Internazionale, a pagina 77. Compra questo numero | Abbonati